Con riferimento al 1° dicembre 2011 l’Istat ha recentemente diffuso le stime delle consistenze nazionali dei principali allevamenti italiani (bovini, bufalini, suini, ovini, caprini e equini) a livello non soltanto nazionale ma anche regionale. Come è noto, trattasi di risultati ottenuti per mezzo di una rilevazione basata su un campione di circa 9.000 aziende allevatrici operative in tutte le regioni e province autonome, selezionate su un universo di circa 250.000 aziende zootecniche, individuate con il Censimento agricolo 2000 come allevatrici delle specie suddette e parzialmente aggiornato con le rilevazioni campionarie sulla struttura delle aziende agricole del periodo successivo (2003-2007).
BOVINI E BUFALINI – Secondo le stime Istat al 1° dicembre 2011 in Italia il patrimonio italiano di bovini ammonterebbe a poco meno di 5,9 milioni di capi, con un lieve incremento (+1,1%) rispetto a quanto stimato alla stessa data dell’anno precedente, per il quale, invece, si era registrato il più marcato decremento mai registrato negli ultimi 10 anni scendendo al di sotto dei 6 milioni di capi (5,8 milioni di capi, pari a -4,4%). Il predetto incremento è il risultato di aumenti generalizzati per le tre macro-categorie di composizione del patrimonio bovino: meno di 1 anno (+2,7%), da 1 a meno di 2 anni (+0,1%) e da 2 anni ed oltre (+0,6%). Da evidenziare che in tutte e tre le su citate macrocategorie, i bovini maschi si attribuiscono flessioni rispettivamente dell’1,1%, 1,9% e 0,4%. L’analisi dell’andamento temporale del patrimonio in questione evidenzia una pressoché costante decrescita dei capi allevati nel periodo 2002 – 2011, ad eccezione di due soli incrementi nel 2007 (+2,7%) e nel già citato 2011, registrando nell’intero periodo considerato un decremento complessivo di 612.572 bovini (-9,4%). Al contrario ed in controtendenza della dinamica stimata dal 2006 al 2010, nel 2011 il patrimonio bufalino risulta diminuito del 2,9%, pur registrando un numero di capi quasi raddoppiato (354 mila capi) rispetto al 2002 (185 mila capi). La flessione complessiva interessa sia le bufale (-3,3%) sia gli altri bufalini (-2.2%).
OVINI E CAPRINI – Dopo le flessioni registrate nel periodo 2008-2010, gli ovini con 7,9 milioni di capi si attribuiscono nel 2011 un lieve incremento di appena 43 mila capi (+0,5%), mentre, al contrario, i caprini sono stati stimati in calo del 2,3%, interrompendo l’andamento positivo dello stesso periodo 2008-2010. Tra gli ovini, l’incremento è quasi esclusivamente ascrivibile alle pecore. Per i caprini la flessione è da attribuire solamente alle capre (-3,2%), in minima parte controbilanciate dal lieve aumento degli altri caprini. Il 70,2% del patrimonio ovino nel 2011 risulterebbe concentrato in sole 4 regioni, e di esso il 43,4% in Sardegna con poco meno di 3,5 milioni di capi. Per quanto riguarda i caprini, sono sempre 4 le regioni in cui risulta concentrarsi il maggior numero di capi (64,5%), ed in particolare Sardegna (24,5%), Calabria (16,5%), Sicilia (13,0%) e Basilicata (10.6%).
EQUINI – Una ulteriore conferma della dinamica positiva registrata da 2005 in poi il patrimonio equino nel 2011 risulterebbe ammontare a 424 mila capi con un incremento dell’1,1%, facendo ammontare il proprio incremento complessivo in 10 anni del 34,0%. L’aumento complessivo degli equini è dovuto soltanto alle categorie di asini, muli e bardotti (+9,7%), essendo rimasto invariato il numero dei cavalli (373 mila capi). Molto più diffusi gli allevamenti equini, con tassi di concentrazione regionali oscillanti tra lo 0,2% in Valle d’Aosta ed il 13,0% in Lazio, al punto che solo il 42,0% del patrimonio nazionale risulta allevato nelle prime 4 regioni in ordine di concentrazione, vale a dire Lazio (13,0%), Lombardia (12,2%), Veneto (8,5%) e Sicilia (8,4%), immediatamente seguite da Emilia-Romagna (7,8%) e Piemonte (7,6%).
SUINI – Infine il patrimonio suino, con 9,4 milioni di capi risulterebbe pressoché invariato rispetto al 2010 (+0,3%), con un incremento decennale del 2,0%. Il lieve aumento stimato per il patrimonio suino sarebbe il risultato di dinamiche differenziate registrate per le macrocategorie dei lattonzoli (+0,9%), suini da 20 a 49 kg (-0,9%) e suini di 50 kg ed oltre (+0,5%), all’interno dei quali, tuttavia, i suini da ingrasso con 5.011 mila capi aumentano dello 0,7% , mentre i suini da riproduzione scendono a 734 mila capi (-0,7%). Elevata è la concentrazione regionale del patrimonio suino, con l’80,6% della consistenza nazionale allevata in sole 4 regioni (Lombardia, Emilia-Romagna, Piemonte e Veneto), di cui il 44,5% solo in Lombardia.
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Bruno Massoli