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Le prove scientifiche definitive che i prodotti di origine animale fanno bene alla salute

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Finalmente, le recenti e robustissime evidenze scientifiche confermano quanto esposto nel libro edito da me e dal collega Mele dell’Università di Pisa due anni fa per i quaderni Assalzoo e ASPA (Alimenti di origine animale e salute, Franco Angeli): latte e latticini, carne, uova e pesce devono essere inseriti nelle diete equilibrate per garantire la buona salute di tutti, in particolare di bambini e adolescenti. Quattro studi pubblicati di recente hanno contribuito a smantellare alcuni capisaldi delle convinzioni nutrizionali così diffuse da considerarsi acquisite alla prassi corrente anche da parte della classe medica che per anni ha ridotto il consumo di alimenti di origine animale in quanto ritenuti responsabili di malattie cardiache e di altre cause di mortalità, fra cui il cancro. Le ricerche di cui parlerò confermano ciò che a noi era già noto e cioè che: i grassi saturi non fanno male al cuore; gli alimenti animali sono migliori di quelli vegetali; le uova non contribuiscono all’aumento del colesterolo cattivo; gli effetti positivi sulla salute di latte e latticini sono di gran lunga maggiori di quelli negativi; diete vegane o vegetariane non sono raccomandabili per bambini e adolescenti.

Lo studio che ha avuto più eco mediatica è quello di Dehghan e (31) colleghi di 28 istituzioni di ricerca sparse nei 5 continenti (Associations of fats and carbohydrates intake with cardiovascular disease and mortality in 18 countries from five continents (PURE): a prospective cohort study) pubblicato su The Lancet il 29 agosto scorso. Gli autori hanno scandagliato per oltre 7 anni le diete di 135 mila individui sparsi per il mondo in aree rurali e urbane. I dati, ripuliti per tutti i fattori di confondimento (età, sesso, peso, girovita, fumo, attività fisica, condizione economica), rivelano che l’alto consumo di carboidrati è associato con elevata mortalità, anche per malattie cardiovascolari, mentre quello di grassi con la riduzione della stessa. In particolare, il consumo di nessun tipo di grasso, compresi quelli saturi, è associato con l’infarto miocardico, mentre il basso consumo di grassi saturi (meno del 7%) porta a un aumento significativo di ictus. Grassi polinsaturi e monoinsaturi (pesce, olio di oliva e grasso del latte) confermano i loro benefici, tanto che gli autori citano le diete mediterranee (comprendenti prodotti animali, olio di oliva, frutta, verdura e cereali integrali) quali protocolli alimentari per la riduzione della mortalità. Lo studio, inoltre, dimostra che il consumo di proteine di origine animale comporta una significativa riduzione del rischio di mortalità, mentre quello di proteine vegetali non mostra effetti. Infine, gli autori raccomandano di non consumare più del 50% dell’energia da carboidrati e almeno il 25% da lipidi, di cui il 10% di grassi saturi.

Gli autori spiegano questi risultati con il fatto che sebbene l’alta ingestione di grassi sia associata con maggiore colesterolo LDL (cattivo), contemporaneamente si riscontra anche una maggiore quota di colesterolo HDL (buono), meno trigliceridi (bene), minore rapporto colesterolo totale/HDL (bene) e minore rapporto ApoB/ApoA (bene); per contro diete con alti carboidrati sebbene presentino minore colesterolo LDL, peggiorano ancor di più nel quadro del colesterolo HDL e negli altri rapporti soprattutto ApoA/ApoB che rappresenta il più robusto predittore dell’infarto miocardico e dell’ictus ischemico. In conclusione, gli autori consigliano fortemente di rivedere le prescrizioni alimentari alla luce di questi straordinari (ma per noi non sorprendenti) risultati sperimentali.

I dati di questo studio confermano l’estensiva meta-analisi sul rapporto fra colesterolo alimentare e disturbi cardiovascolari pubblicata da Berger e colleghi di USDA e Tufts University di Boston (Dietary cholesterol and cardiovascular disease: a systematic review and meta-analysis) pubblicata su American Journal of Clinical Nutrition nel 2015. I risultati di tutti gli studi analizzati non consentono di affermare che esista un’influenza del colesterolo di origine alimentare sull’aumento di rischio di malattie cardio-vascolari, con buona pace di chi ha demonizzato uova e formaggi per decenni.

Per quanto riguarda latte e latticini e salute umana, Kongerlslev e colleghi, delle Università di Copenhagen, Wageningen e Reading (Milk and dairy products: good or bad for human healt? An assessment of totality of scientific evidence, Food & Nutrition Research, 2016) hanno esplorato tutta la letteratura scientifica disponibile, per verificare l’impatto dei consumo di questi prodotti su obesità e diabete di tipo 2, malattie cardiovascolari, salute ossea e osteoporosi, cancro e altre cause di mortalità, valutando anche gli effetti sugli individui intolleranti al lattosio o alle latto-proteine. La conclusione lapidaria dell’analisi è stata: “La nostra revisione su tutta la letteratura scientifica disponibile dice che l’ingestione di latte e latticini contribuisce al raggiungimento delle raccomandazioni nutrizionali e può proteggere contro le principali malattie croniche, anche se possono essere riscontrabili lievi effetti avversi”.

Un ultimo studio degno di nota è quello condotto da Margherita Caroli e colleghi e recentemente presentato un position paper all’ultimo congresso dell’Associazione Nazionale di Pediatria Preventiva e Sociale tenuto a Mestre (Diete vegetariane in gravidanza e in età evolutiva). Il lavoro contiene una importante serie di raccomandazioni che riporto integralmente data l’estreme importanza dell’argomento in campo.

1. Nel primo semestre di vita, “per i noti effetti a breve e lungo termine dei deficit di alcuni nutrienti nel lattante allattato al seno (ferro, DHA,vitB12, ecc.) si raccomanda un attento monitoraggio nutrizionale della nutrice vegetariana/vegana provvedendo alle integrazioni necessarie per evitare che possano verificarsi esiti clinici gravi come anemia, deficit della crescita e neurologici (raccomandazione positiva forte); si raccomanda di continuare l’allattamento al seno almeno nei primi 2 anni di vita del figlio, sia se la madre segue una dieta vegetariana sia se vegana (raccomandazione positiva forte); se il lattante non è allattato al seno, o lo è solo parzialmente, si raccomanda di non somministrare bevande vegetali del commercio, ma formule, anche a base di proteine vegetali come riso o soia, adattate per lattanti (raccomandazione negativa forte)”.

2. Nel secondo semestre di vita “si raccomanda un attento monitoraggio nutrizionale del lattante, anche dopo l’inizio dell’alimentazione complementare, provvedendo alle integrazioni necessarie per evitare che possano verificarsi esiti clinici gravi come deficit della crescita, anemia, deficit neurologici (raccomandazione positiva forte)”.

3. Dal primo anno all’adolescenza “pediatrica le diete vegetariane non supplementare devono essere considerate inadeguate a garantire un corretto sviluppo psicomotorio. Le evidenze scientifiche dimostrano importanti esiti negativi a breve e lungo termine sul neuro sviluppo da deficit di nutrienti, specificamente ferro, zinco, DHA e vitamina B12. Si raccomandano quindi periodiche e specifiche valutazioni nutrizionali soprattutto nella prima infanzia (raccomandazione positiva forte). Le conclusioni del lavoro dicono che “Le diete vegetariane non supplementate non sono adeguate al corretto sviluppo fisico e psico-motorio del bambino”.

Foto: © minadezhda – Fotolia.com

Giuseppe Pulina