Il Decreto legge del 5 maggio 2015, n. 51 (“Decreto”), convertito dalla Legge 2 luglio 2015, n. 91, ha introdotto nuove ed importanti modifiche all’articolo 62 del Decreto legge n. 1/2012. Come noto, l’articolo 62 del Decreto legge n. 1/2012, avente ad oggetto la disciplina delle relazioni commerciali in materia di cessione di prodotti agricoli e agroalimentari, prescrive l’obbligo di stipulare i contratti di approvvigionamento di prodotti agricoli in forma scritta, nonché l’obbligo di indicare, a pena di nullità, “la durata, le quantità e le caratteristiche del prodotto venduto, il prezzo, le modalità di consegna e di pagamento. I contratti devono essere informati a principi di trasparenza, correttezza, proporzionalità e reciproca corrispettività delle prestazioni, con riferimento ai beni forniti”.
Il secondo comma di tale disposizione, al fine di prevenire possibili squilibri contrattuali nelle relazioni commerciali tra operatori della filiera agroalimentare, vieta, inoltre, l’imposizione di condizioni contrattuali ingiustificatamente gravose e l’adozione “di ogni condotta commerciale sleale che risulti tale anche tenendo conto del complesso di relazioni commerciali che caratterizzano le condizioni di approvvigionamento”.
Il Legislatore ha conferito la competenza a vigilare sull’applicazione e sul rispetto di tali disposizioni all’Autorità Garante per la Concorrenza ed il Mercato (“Autorità” o “AGCM”), la quale dispone del potere di irrogare sanzioni amministrative pecuniarie in caso di violazione degli obblighi di forma del contratto di cessione o di pratiche commerciali sleali da parte degli operatori all’interno della filiera.
Come si è detto, con il Decreto del 2015 sono state apportate delle puntuali modificazioni alla disciplina delle relazioni commerciali in materia di cessione di prodotti agricoli contenuta all’articolo 62. Lo scopo di tale intervento normativo è quello di fronteggiare il momento di transizione che caratterizza il settore lattiero-caseario a seguito dello smantellamento del regime amministrato delle quote latte (divenuto effettivo dal 31 marzo 2015), nonché la situazione di grave crisi che sta attraversando il settore olivicolo-oleario, alla luce delle particolari criticità produttive che lo hanno colpito.
Le modifiche apportate all’articolo 62 riguardano in gran parte l’ambito di rilievo generale della disposizione, riferendosi a tutti i settori di sua applicazione. In particolare, tali modificazioni riguardano:
a) la maggiorazione da due a quattro punti percentuali del saggio di interessi da applicare al debitore in caso di ritardo nel pagamento nelle transazioni commerciali aventi ad oggetto la cessione di prodotti agricoli;
b) l’inasprimento delle sanzioni amministrative pecuniarie irrogabili dall’AGCM in caso di violazione dei citati obblighi di forma del contratto (aumentando la soglia minima da 516,00 a 1.000 euro e la massima da 20.000 a 40.000 euro) e dei divieti di pratiche commerciali sleali (con un aumento della soglia minima da 516,00 a 2.000 euro e la massima da 3.000 a 50.000 euro), specificando, altresì, che
c) l’entità di tali sanzioni pecuniarie debba essere determinata in ragione del fatturato dell’azienda “cessionaria”;
d) la competenza dell’Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari (ICQRF) del MIPAAF a segnalare all’Autorità l’eventuale violazione delle misure contenute in tale articolo.
Con riferimento allo specifico del settore lattiero-caseario, sono state poi introdotte delle disposizioni che riguardano tanto la disciplina dei contratti di cessione del latte crudo, quanto la destinazione degli introiti derivanti da sanzioni imposte alle imprese di tale ambito.
In particolare, quanto alla materia dei contratti di cessione di latte crudo, il Decreto impone un obbligo di durata non inferiore a dodici mesi, salvo rinuncia espressa formulata per iscritto da parte dell’agricoltore cedente. Inoltre, l’articolo 2 comma 2 del Decreto dispone che, ai fini dell’applicazione delle disposizioni concernenti le pratiche commerciali sleali di cui all’articolo 62 comma 2 (e del relativo Regolamento di attuazione emanato con Decreto del MIPAAF), “i costi medi di produzione del latte crudo sono elaborati mensilmente, tenuto conto della collocazione geografica dell’allevamento e della destinazione finale del latte crudo, dall’Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare (ISMEA), anche avvalendosi dei dati resi disponibili dal Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia sulla base della metodologia approvata dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali”.
È poi previsto che gli introiti derivanti dall’irrogazione delle sanzioni alle imprese lattiero-casearie siano destinati al Fondo per gli investimenti nel settore lattiero-caseario.
Foto: Pixabay
Luciano Di Via