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Lotta al carovita: i consumatori scelgono convenienza e italianità

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Il carovita svuota il carrello degli italiani. La continua corsa dei prezzi causata dall’aumento del costo di energia e delle materie prime ha portato l’inflazione a pesare ancor di più sul bilancio delle famiglie. Secondo l’Osservatorio Ismea NielsenIQ sui consumi alimentari, nei primi 9 mesi dell’anno, la crescita dello scontrino si è limitata a un +4%, grazie alle strategie di risparmio messe in atto dalle famiglie.

Dai tagli generalizzati delle quantità acquistate che oscillano dal -1% del latte fino al -31% del pesce fresco, allo spostamento delle preferenze verso i prodotti dal valore unitario più basso, dal parziale abbandono del canale digitale al maggiore orientamento verso i discount e i prodotti a marca del distributore; sono molte le contromisure adottate per limitare l’impatto della spinta inflattiva, che si conferma a novembre all’11,8%.

Carovita: volumi, spesa e prezzi medi

Per tutte le categorie, ad eccezione di vino e prodotti ittici si registra, nei primi nove mesi del 2022, un incremento di spesa rispetto all’analogo periodo dello scorso anno.

Il cibo a cui non si intende rinunciare sembra essere soprattutto quello più sobrio e basico e, qualora si intenda individuare qualche elemento driver italianità e sostenibilità continuano a essere considerati elementi di priorità. Dunque, sulle tavole si riducono i cibi etnici e le varie tipologie di “senza” (senza glutine, senza lattosio, senza sale, ecc.), e anche cibi pronti e bio paiono subire una battuta d’arresto. Infine, il consumo di prodotti a “marca del distributore” raggiunge a settembre il 30% sul totale food inclusi i Discount, mantenendo stabile la crescita di questa categoria.

I derivati dei cereali

Per il segmento dei derivati dei cereali, che pesa sullo scontrino per il 14,4%, l’incremento della spesa nei primi nove mesi del 2022 è dell’8,9% con una forte spinta data dal maggior costo delle materie prime farinacee di base.

Il prezzo del pane di settembre 2022 cresce del 17% rispetto all’analogo dell’anno prima, dunque, a un tasso superiore alla media a causa dell’aumento dei costi energetici. In misura più limitata, ha inciso l’andamento del prezzo del grano che, a metà dello scorso maggio, ha raggiunto il livello record di 438 euro a tonnellata.

Considerando il periodo cumulato dei primi nove mesi dell’anno, l’incremento medio della spesa è stato dell’11,5% determinando una reazione dei consumatori che ha portato a una riduzione dei volumi acquistati del -7,7%, ma ciò non è bastato ad assorbire gli aumenti di prezzo, per cui la spesa è cresciuta del 2,9%

Nella media del periodo cumulato dei primi nove mesi dell’anno, i prezzi della pasta sono cresciuti del 21,9% rispetto all’analogo periodo 2021, comportando a parità di volume acquistato un aggravio per questa voce sul portafoglio delle famiglie di oltre il 22%. I prezzi puntuali del mese di settembre si attestano su livelli superiori del 29% rispetto a settembre 2021.

I prodotti lattiero-caseari

La spesa per i prodotti lattiero-caseari, che pesa sullo scontrino il 13,2%, è aumentata nei primi nove mesi del 4,1%. La componente dei formaggi ha incrementi di spesa di diversa entità, con una crescita che va dal +0,8% dei molli al +3,8% dei duri, ai +7,2% degli industriali. Rispetto ad altri prodotti, è evidente che la filiera e riuscita in qualche maniera a contenere gli incrementi dei costi di produzione. Per il latte si rileva invece un complessivo aggravio di spesa sul cumulato a settembre del 5% circa.

Il prezzo del latte fresco evidenzia un’impennata a partire dal mese di aprile 2022 che rispecchia la dinamica espansiva della materia prima che ha dovuto fare i conti con incrementi notevoli (l’indice dei costi alla produzione Ismea per l’allevamento fa registrare nello stesso periodo un +13%) oltre che ai maggiori costi per i trasporti e gli imballaggi e alle minori disponibilità in ambito europeo. I primi di settembre il latte fresco al consumo ha raggiunto la quotazione media di 1,60 €/litro, segnando un +13% rispetto all’analogo periodo dello scorso anno. Il dato cumulato nei primi nove mesi dell’anno evidenzia una lieve contrazione dei volumi che si inserisce comunque in un contesto di flessione protratta nel tempo.

Uova

Le uova sembrano far parte di quel paniere caratterizzato da facilità d’uso ed economicità verso il quale si stanno orientando i consumi alimentari delle famiglie italiane. Proprio grazie a queste caratteristiche la categoria evidenzia un recupero di terreno in termini di volumi acquistati, grazie al maggior utilizzo come sostituto di altri proteici come carne o salumi ben più costosi.

L’aumento dei prezzi in termini percentuali è consistente registrando un +6,6% nel periodo cumulato dei primi nove mesi dell’anno e, addirittura, +14% agosto 22 su agosto 21. La combinazione dell’incremento di prezzo e dei volumi acquistati ha portato la spesa sostenuta dai consumatori nei nove mesi per questo prodotto a crescere del 10% rispetto allo scorso anno.

Le carni

Il settore delle carni, con un peso sullo scontrino del 10,6%, fa registrare un incremento di spesa del 7,7% cui è corrisposta una lieve diminuzione delle quantità acquistate (dell’1,6%) e uno spostamento verso tagli e aree merceologiche più economiche. La riapertura dei canali di ristorazione ha favorito il consumo di carne nel complesso. Tuttavia, i prezzi elevati e in evidente crescita hanno spesso frenato gli acquisti per il consumo domestico con conseguente riduzione dei volumi nel carrello.

In particolare, tra tutte le carni, i maggiori aumenti di prezzo si sono registrati per le avicole, con alcuni tagli che hanno accumulato, nel giro di un anno, rincari del 25%. L’innalzamento dei prezzi delle carni bianche ha innescato uno spostamento dei consumi verso le suine, uniche carni per le quali si registra anche un incremento dei volumi, (+4,9% le suine e -2,9 le avicole). Sull’incremento dei prezzi delle carni avicole e sulla loro riduzione dei volumi acquistati ha però influito anche il diffondersi dell’influenza aviaria che ha ridotto notevolmente la disponibilità soprattutto di carne di tacchino di provenienza nazionale. Quest’ultima, infatti, ha registrato un arretramento dei volumi acquistati del28%. Un arretramento non irrilevante dei volumi venduti si è registrato anche per i tagli di carne bovina (-4,9%).

In particolare, tra le carni bovine si evidenzia una sempre maggiore propensione verso gli hamburger (+2% i volumi su un complessivo a -5,2%) che hanno un costo contenuto e un servizio aggiunto che ne facilita la preparazione. La fettina di bovino adulto ha toccato a settembre il livello record di prezzo medio degli ultimi tre anni, registrando nella media dei primi nove mesi del 2022 un incremento complessivo del 9% che ne ha fatto contrarre i volumi del 7,4%.

I salumi

E se si cerca di risparmiare sui prodotti ritenuti non di prima necessità e ne fanno le spese alcune eccellenze quali i prodotti di qualità certificata della salumeria. Il prosciutto di Parma DOP, per esempio, per il quale l’aumento del prezzo si è inserito su una base già di alto livello per la categoria, ha costretto i consumatori della fascia economica più debole a ridurre drasticamente i volumi (-11,5%) di prodotto nei carrelli con un risparmio complessivo del 6,7% rispetto al 2021.

I prodotti ittici

Per i prodotti ittici nel complesso si assiste a un calo di spesa complessivo del 3,4% su cui pesa in maniera determinante il calo di acquisti del pesce fresco (-6,9% ). A prima vista l’atteggiamento sembra riflettere più un aspetto “percettivo” che una scelta ragionata. Nel tentativo di contenere la spesa totale, il pesce sembra infatti che per alcuni consumatori sia stato la “vittima sacrificale”, è infatti l’unica categoria in cui le rinunce in termini di volume hanno determinato una flessione dell’esborso finale.

In cedimento non solo il segmento del fresco ma anche quello dell’affumicato (-0,8%) e del surgelato (-3,6%). Di contro tiene bene il tonno in scatola per il quale i volumi venduti sono in ulteriore aumento (+0,8%) con una spesa che aumenta del 5,5%.

Nel segmento del fresco emerge il caso del salmone per il quale l’incremento del prezzo arriva a toccare il 25% e per il quale i consumatori hanno contratto i volumi nel carrello del 31%. Meno pesanti i rincari sul pesce di allevamento quale l’orata per la quale a fronte di un aumento di prezzo del 10% si è registrata una contrazione dei volumi acquistati del 7,6%.

Canali di distribuzione

Entrando nel dettaglio, tra i canali distributivi il supermercato resta il canale predominante con il 40% di share e con una performance positiva che rispetto al pre-covid gli fa guadagnare 2 punti percentuali. Il Discount con il 22% di share guadagna 4 punti percentuali rispetto al 2019 con fatturati incrementati quasi del 25%. Secondo l’osservatorio sull’inflazione di Nielsen però il Discount è anche il canale dove l’inflazione è più alta: sfiora il 20% a inizio ottobre.

Scende il numero di famiglie che per fare acquisti alimentari utilizza il canale digitale, dopo il boom del 2020 e 2021, infatti, la scelta del canale fisico torna a prevalere su quasi un milione di famiglie che nell’anno precedente avevano provato il digitale. Di fatto però gli acquisti attraverso canali digitali restano superiori dell’80% al periodo pre-covid, ma sono il 6% in meno le famiglie che lo hanno fatto nel 2022 rispetto al 2021.

Tra le tipologie di famiglie acquirenti sono quelle giovani con figli molto piccoli (le cosiddette new families) a incontrare le maggiori difficoltà economiche e a dover introdurre strategie di risparmio volte a contenere gli aumenti di spesa e addirittura a contrarla (-13,7% rispetto al pre-covid). Bollette, baby-sitter, mutui o affitti assorbono buona parte degli stipendi costringendo a rinunce che investono anche il comparto alimentare.

Foto: fonte Pixabay