Dall’ambiente alla salute, passando per i fattori economici: sono tre i vantaggi – e uno lo svantaggio – che caratterizzano il mais Ogm del tipo Bt, ossia quella che era finora l’unica pianta interessante per l’agricoltura italiana. Lo svantaggio è prettamente economico: una dose di semi Ogm per seminare un ettaro costa al coltivatore circa 36€ in più di quello non-Ogm. I vantaggi, invece, sono tre: sanitari, ambientali ed economici.
Vantaggi sanitari. Il mais Ogm del tipo Bt non solo non ha nessun pericolo aggiuntivo rispetto al mais tradizionale, ma accumula un minor numero di tossine di origine fungina, le fumonisine, proprio perché meno aggredito da parassiti come la piralide. Le gallerie lasciate da questo parassiti sono un luogo ideale per l’instaurarsi di funghi patogeni che liberano pericolose tossine che possono provocare tumori all’esofago e malformazioni alla nascita come palatoschisi (labbro leporino) e spina bifida. Il mais Bt mostra un tenore di fumonisine inferiore di 3-10 volte rispetto al mais tradizionale, anche se irrorato con pesticidi. Valori ancora maggiori si possono trovare su campioni di mais biologico.
Vantaggi ambientali. Il mais Ogm del tipo Bt non necessita dell’uso di insetticidi che sono velenosi sia per l’uomo che per gli animali selvatici come uccelli o mammiferi. Le coccinelle frequentano i campi di mais Bt (e quelli coltivati a mais biologico), ma sono molto rare nei campi di mais tradizionale irrorati con pesticidi.
Vantaggi economici. Il mais Ogm del tipo Bt ha una resa per ettaro di circa il 20% superiore rispetto al mais tradizionale. A tale vantaggio si aggiunge il fatto che non ci sono ulteriori oneri causati dal dover spargere pesticidi. Sommando vantaggi e svantaggi, il mancato guadagno per gli agricoltori a cui viene impedito di coltivare mais Ogm del tipo Bt arriva a circa 500€ per ettaro.
L’uso di varietà Ogm è il necessario completamento della produzione industriale di mais. Le moderne mietitrebbia raccolgono tutte le spighe di mais senza poter compiere la selezione delle sole migliori (intatte, non ammuffite perché attaccate dalla piralide) come si faceva quando la raccolta era manuale. Ora che la raccolta è meccanizzata si deve avere un prodotto integro se non vogliamo mescolare spighe intatte con quelle inquinate da fumonisine.
Semi Ogm e non-Ogm, comunque, hanno entrambi un identico difetto: oltre il 95% dei semi di mais commercializzati in Italia derivano da grandi aziende sementiere e non sono frutto della ricerca scientifica a cui l’Italia avrebbe potuto invece contribuire. Quindi passare a usare mais Ogm non cambia la dipendenza italiana da altre ditte sementiere.
Marzo – Aprile 2011
Foto: Pixabay
Roberto Defez – Biotecnologo CNR Istituto di Genetica e Biofisica “A. Buzzati Traverso”, Napoli