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Mais, una politica di filiera per il rilancio di una coltura strategica nella filiera agroalimentare

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La produzione di mais in Italia continua a calare. Ormai l’autoapprovvigionamento del nostro Paese, dopo avere perso l’autosufficienza, scende nel 2019 anche al di sotto della soglia del 50% del fabbisogno interno. La situazione è preoccupante ed espone in modo crescente l’Italia agli umori del mercato internazionale, costringendo le aziende mangimistiche a ricorrere sempre più massicciamente alle importazioni.

Gli ultimi dati Istat evidenziano come, solo nel primo semestre del 2019, ci sia stata un’ulteriore crescita degli acquisti di mais dall’estero di quasi il 9%. Le previsioni portano a stimare che il mais importato alla fine del 2019 sarà tra i 6,3 e i 6,5 milioni di tonnellate.

Un trend che sembra essere confermato anche dalle notizie che arrivano dai campi. Sebbene la situazione non sia omogenea sul territorio, le prime indicazioni evidenziano una generale riduzione delle rese per il raccolto 2019, con picchi negativi anche a due cifre nelle aree dove si sono verificati i maggiori problemi per eventi meteorologici avversi. C’è poi la questione relativa alla qualità di prodotto di cui non si hanno ancora dati completi, ma che potrebbe incidere sull’impiego per l’alimentazione animale.

Si tratta di dati inequivocabili che indicano una situazione di reale gravità. Il mais è infatti una produzione strategica dalla quale dipende l’intero settore agroalimentare dei prodotti alimentari di origine animale, DOP comprese. Per tale ragione Assalzoo sta cercando da tempo di coinvolgere i partner della filiera maidicola per un impegno comune, anche attraverso la stesura di un accordo di filiera per il mais da granella italiano, e allo stesso tempo di attivare un intervento pubblico per incentivare gli agricoltori che seminano mais, sul modello di quanto già fatto per il grano duro. Per garantire un’inversione di tendenza è anche necessario – e questo è un altro elemento su cui l’Associazione si batte da anni – un forte rilancio della ricerca scientifica in campo per dotare gli agricoltori italiani di strumenti idonei a rendere più efficiente e competitiva la coltivazione di questo cereale.

Il mais – è bene ricordarlo – rappresenta la principale coltivazione cerealicola italiana in termini di quantità di granella raccolta. Purtroppo, si è assistito a un vero crollo delle superfici investite, passate da circa 1,2 milioni di ettari di 15 anni fa agli attuali 600 mila ettari. Un dato negativo a cui si aggiunge quello delle rese che in media restano da oltre 20 anni al di sotto delle 10 tonnellate/ettaro contro una media di 12 tonnellate realizzate dai nostri principali competitor internazionali. Per contro la domanda italiana di mais resta su livelli elevati: quasi 12 milioni di tonnellate all’anno, delle quali il 75% sono necessarie per garantire il fabbisogno degli allevamenti nazionali (circa 9 milioni di tonnellate ogni anno).

Una situazione sempre più preoccupante che necessita dell’impegno convinto di tutti – degli operatori della filiera, del Governo e del mondo politico – affinché si possa invertire questa tendenza e ridare slancio alla produzione maidicola italiana, avendo ben presente che gli sforzi da compiere non sono solo a beneficio dei maiscoltori ma dell’intera filiera agroalimentare dei prodotti di origine animale, incluse le produzioni di eccellenza che hanno accompagnato lo sviluppo del Paese e che rappresentano un simbolo del made in Italy alimentare e un’importante leva della nostra economia.

 

Foto: Pixabay

Marcello Veronesi – Presidente Assalzoo