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Mangimi, Fefac: produzione in calo nel 2022. Previsioni al ribasso anche per il 2023

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La produzione di mangimi composti industriali nell’Unione Europea, nel 2022 è diminuita di oltre 5 milioni di tonnellate rispetto al 2021 e, per l’anno in corso, restano intatte le tre criticità principali, ovvero l’influenza aviaria, l’incertezza economica e le politiche sul benessere degli animali.

Lo rilevano i dati forniti dai membri FEFAC, la Federazione europea dei produttori di mangimi, che stimano la produzione 2022 a 148,9 milioni di tonnellate, mostrando un calo del 3,8% rispetto al 2021: in particolare, è il settore dei suini a registrare la diminuzione produttiva maggiore (-6,7%), seguito dal settore degli avicoli (-3,2%), settori che hanno più di altri subito la diffusione di malattie animali come influenza aviaria e peste suina africana.

Il settore dei mangimi per suini ha visto un calo della produzione di 3 milioni di tonnellate rispetto al 2021, con 11 paesi UE su 27 che hanno registrato un calo superiore al 5% e con la peste suina africana ha continuato a svolgere un ruolo in alcuni paesi, come la Germania e la Romania, incidendo sull’efficienza economica degli allevamenti di suini.

Il settore dei mangimi per pollame ha ridotto la produzione di 2 tonnellate, principalmente a causa dell’influenza aviaria che ha colpito numerosi allevamenti. Tuttavia, anche i costi energetici hanno contribuito al calo, con alcune aziende che hanno saltato i cicli per fare fronte all’aumento dei costi.

Diverso invece il discorso per i mangimi per bovini, la cui produzione è sostanzialmente invariata (-0,5%).

La Commissione europea prevede che, tranne che per gli avicoli, il 2023 seguirà il medesimo trend di calo, con una diminuzione ulteriore secondo FEFAC dell’1,5%, a un livello di 146,8 milioni di tonnellate. L’influenza aviaria, l’incertezza economica e le politiche verdi e per il benessere degli animali, spiegano i produttori di mangimi europei, continuano a essere i principali driver di mercato per il prossimo anno. A questi si aggiungono l’incertezza normativa, che potrà pesare ulteriormente sugli agricoltori e sulle loro decisioni di rimanere o lasciare le imprese, e i dubbi sui divieti e le restrizioni all’importazione di materie prime dall’Ucraina.