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Meno carne e più discount, ecco gli effetti della crisi economica a tavola

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La crisi economica sta impoverendo notevolmente anche le tavole degli italiani. L’acquisto di carne di maiale e di salumi è diminuito dello 0,8% e anche i prodotti degli allevamenti bovini stanno facendo i conti con la situazione che affligge il Bel Paese, con un calo dei consumi di carne pari allo 0,1% e di quelli di latte fresco addirittura del 2,2%. “Nel 2011 la propensione al risparmio delle famiglie si è attestata al 12%, il valore più basso dal 1995, con una diminuzione di 0,7 punti percentuali rispetto all’anno precedente”, precisa l’Istat, secondo cui “tenuto conto dell’inflazione, il potere d’acquisto delle famiglie nel 2011 è diminuito dello 0,5%”.

La prima conseguenza è stato l’aumento degli acquisti nei discount, ormai preferiti dal 25% degli italiani, accompagnato dalla sempre minore frequentazione nei negozi tradizionali. A resistere alla concorrenza delle catene di supermercati a basso costo sono solo i produttori che effettuano vendita diretta ai consumatori che, pur di non rinunciare alla qualità a tavola, scelgono sempre più di frequente di acquistare direttamente – e a un prezzo inferiore rispetto a quello degli esercizi commerciali – da coltivatori e allevatori.

“I redditi delle famiglie crescono meno della spesa per i consumi – ha commentato la Cia (Confederazione italiana agricoltori) -. L’effetto immediato delle difficoltà è un ulteriore taglio agli acquisti, non solo quelli superflui ma anche quelli di prima necessità come gli alimentari. Quasi 10 milioni di famiglie riempiono di meno le buste della spesa, spesso perdendo anche in qualità del prodotto. Una situazione che non sembra destinata a cambiare quest’anno, visto che le difficoltà economiche delle famiglie restano forti”.

Secondo la Confcommercio la “domanda per consumi delle famiglie, misurata in termini di media mobile a tre mesi, è tornata sui livelli minimi della primavera del 2009. La riduzione dei consumi si inserisce in un contesto congiunturale sostanzialmente recessivo che non sembra aver ancora raggiunto il punto più basso” e che “ha comportato un ulteriore deterioramento del mercato del lavoro”.

“I dati diffusi da Istat e Confcommercio sulla contrazione dei consumi, della propensione al risparmio delle famiglie e dei profitti delle imprese sono pessimi segnali di una crisi che non accenna a risolversi – commenta Filippo Ferrua, presidente della federazione italiana dell’industria alimentare (Federalimentare) -. Aumentare ulteriormente l’Iva a ottobre, andando a colpire anche prodotti alimentari come ad esempio le carni, il pescato, lo yogurt e le uova, complicherà ulteriormente uno scenario che sta assumendo tinte sempre più fosche”.

Come sarà possibile fronteggiare questa situazione? Secodno ferrua “occorrono misure urgenti per la crescita e non tasse”. “Senza interventi per le famiglie che possano aiutare la ripresa dei consumi – conclude la Cia – prima di tutto quelli alimentari, non ci può certo essere l’auspicata ripresa dell’economia del paese”.

 

Foto: Pixabay

Silvia Soligon