La forte volatilità dei mercati cerealicoli è, infatti, ancora al primo posto tra le preoccupazioni delle aziende, ricorda de Athayde, anche “per l’impossibilità dei produttori zootecnici di trasferire le importanti oscillazioni dei prezzi delle materie prime sui consumatori”. Per questo l’obiettivo dell’industria deve essere quello di “sostenere i tentativi dei legislatori nell’aumentare la trasparenza” sui mercati, favorendo la competitività. Ben venga quindi, “la dichiarazione del G-20 sulla trasparenza”, accolta positivamente dall’Ifif, che attende dai futuri negoziati una maggiore armonizzazione delle regole nel commercio internazionale. In attesa di queste misure il settore deve fare i conti della crisi. L’industria dei mangimi chiede con forza di aprire nuove linee di credito per sostenere il comparto e i suoi addetti. Importante non farsi trovare impreparati, dice de Athayde, di fronte alle “turbolenze” speculative: la raccomandazione agli operatori è quella di “adottare strumenti finanziari per contenere le oscillazioni”.
I numeri sono l’altra sfida del settore. Nel 2011 l’industria mangimistica mondiale ha prodotto 870 milioni di tonnellate di mangimi, per un controvalore pari a 350 miliardi di dollari. Continua l’impressionante spinta demografica, con il boom della popolazione che entro il 2050 toccherà quota 9 miliardi, e il crescente fabbisogno di alimenti proteici. Secondo l’Ifif la produzione di mangimi crescerà del 3% all’anno, ma sono urgenti provvedimenti per incrementarla. Quali? La ricetta del braccio operativo dell’Ifif è un mix di più soluzioni.
“Le autorità regolatorie possono collaborare riducendo gli oneri amministrativi per gli operatori”, sostiene nell’intervista de Athayde, oppure attraverso la riduzione delle tariffe doganali, che non compromettano i criteri di sicurezza alimentare. Ricorda ancora il direttore esecutivo Ifif che “su 870 milioni di tonnellate circa 300 milioni sono prodotti direttamente on farm”. Questo, in alcuni casi, può dar vita ad una sorta di “dumping” occulto tra produzione e autoapprovvigionamento. “Crediamo che le norme e i processi di sicurezza alimentare debbano essere uniformati”, afferma de Athayde, che riserva un ampio capitolo della sua intervista anche all’innovazione tecnologica: energie rinnovabili, acquacoltura, additivi nutrizionali di nuova generazione e gli Ogm possono far fare un salto alla produzione del 30% annuo. E ancora c’è un ampio margine di crescita per prodotti come gli inibitori delle micotossine o dei microrganismi patogeni, a cui tutto il settore guarda con enorme interesse. “I produttori stanno diventando sempre più sensibili al rapporto alimentazione-qualità di sviluppo animale”, ricorda de Athayde.
Un’ultima analisi è riservata ai mercati globali nello scenario della crisi. Il Brasile è stato fino ad oggi il produttore più economico di mangimi, ma il rafforzamento della sua moneta rende questa posizione meno stabile. “Oggi, Argentina e Stati Uniti sono molto competitivi e molto spesso più economici”, dice de Athayde, che punta il faro anche sugli sviluppi che ci saranno nell’area dell’Europa allargata, a Paesi come Russia e Ucraina o ad alcune regioni dell’Africa.
La sicurezza alimentare resta la missione principale dell’organismo che rappresenta le aziende a livello globale nel confronto con le autorità di regolazione nazionali e sovranazionali. L’Italia, in questo senso, è un esempio grazie al lavoro compiuto con il CODEX Assalzoo. Un punto fermo, se si pensa che l’Ifif ha come obiettivo quello di costruire un forte consenso internazionale intorno alla Task Force per un Codex sull’alimentazione animale che contenga orientamenti chiari per i governi.
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