Paolo De Castro, eletto membro del Parlamento europeo per la prima volta nel maggio 2009 e successivamente diventato presidente della Commissione agricoltura e sviluppo rurale. Rieletto per le successive legislature nel 2014 e nel 2019, è attualmente coordinatore del Gruppo dei Socialisti e Democratici in Commissione agricoltura. Il Consiglio europeo ha formalmente adottato la nuova Politica agricola comune (Pac) per il periodo 2023-2027. La nuova Pac ha lo scopo di garantire un futuro sostenibile per gli agricoltori europei, fornire un sostegno mirato alle aziende agricole di piccole dimensioni e consentire agli Stati membri una maggiore flessibilità nell’adattamento delle misure alle condizioni locali. Mangimi&Alimenti ha raccolto il punto di vista dell’eurodeputato.
A fine novembre il Parlamento europeo ha dato il via libera definitivo alla nuova Politica agricola dell’Ue. La nuova Pac vuole essere più verde, più equa, più flessibile e trasparente. Quali sono secondo lei gli aspetti più interessanti e innovativi varati nel nuovo pacchetto?
Gli aspetti qualificanti della riforma sono numerosi, e comunque parte di una Politica agricola comune che, per la prima volta nella sua storia, sarà basata su tre pilastri: la conferma di una garanzia di reddito per gli agricoltori, una maggiore tutela dell’ambiente attraverso l’applicazione di eco-schemi, concordati a Bruxelles e declinati negli Stati membri d’intesa con le Regioni, e la condizionalità sociale finalizzata a difendere i diritti dei lavoratori nelle aziende agricole.
Nell’orizzonte della nuova Pac, quali sono gli elementi più favorevoli per il sistema agroalimentare italiano?
Con questo testo di riforma abbiamo trovato un equilibrio molto ambizioso tra dimensione sociale, ambientale ed economica della Pac, il cui obiettivo definito dall’articolo 39 del Trattato – ricordo – deve comunque restare quello di incrementare la produttività dell’agricoltura e di migliorare il reddito individuale di tutti coloro che lavorano nel settore.
Il tema della sostenibilità è al centro della nuova Politica agricola anche con riferimento alla trattenuta del 3% degli aiuti diretti per promuovere l’accesso alle polizze assicurative, una misura voluta dall’Italia e dal ministro Patuanelli. È questa una presa di coscienza dei cambiamenti climatici e dell’aumento degli eventi estremi? Quali altri strumenti sono previsti in questa direzione?
Tra i tanti strumenti di questa Pac, che entrerà in vigore nel 2023, figurano sicuramente quelli pensati in chiave di maggiore sostenibilità ambientale delle pratiche agricole. Per quanto riguarda la trattenuta fino a un massimo del 3% sugli aiuti diretti, va ricordato che si tratta di un’opzione degli Stati membri: parliamo della possibilità di accantonare una parte dei fondi del primo pilastro per la creazione di un fondo mutualistico su scala nazionale, che porti obbligatoriamente tutti gli agricoltori a proteggersi dai rischi di perdita della produzione.
Riguardo la creazione di una riserva di crisi con una dotazione annua di 450 milioni di euro per aiutare gli agricoltori in caso di instabilità dei prezzi o del mercato. Proprio in questi mesi l’aumento delle materie prime sta mettendo a dura prova gli agricoltori europei. Lo stanziamento sarà sufficiente per mettere il settore al riparo da questa “crisi” post pandemica? Considerando che la nuova Pac entrerà in vigore nel 2023 non c’è il rischio di arrivare troppo tardi?
Ricordo che si tratta di una nuova riserva permanente di crisi, che avrà lo scopo di sostenere gli agricoltori nel caso di volatilità dei prezzi e dei mercati. Certo, l’aumento dei costi delle materie prime si è riacutizzato. Ma gli strascichi sul piano economico della pandemia possono già essere affrontati con aiuti ‘dedicati’ che l’Unione ha stanziato due anni fa. E grazie alle risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza non credo che gli agricoltori subiranno ulteriori contraccolpi.
La nuova Pac è sicuramente un passo avanti per l’Unione europea, ma c’è, secondo lei, qualche “appuntamento mancato”, si poteva fare di più?
La nuova Pac non è solo un passo avanti, ma il miglior compromesso che potevamo raggiungere, viste le premesse della proposta avanzata dalla Commissione Ue nel 2018. Il sostegno al reddito rimarrà un elemento essenziale di questa Politica, con il 75% del budget totale che sarà ancora destinato alle misure del primo pilastro, e in particolare ai pagamenti di base, che per l’Italia ammontano a 3,63 miliardi di euro l’anno e che continueranno a essere in funzione delle dimensioni in ettari delle aziende agricole. Senza contare che gli Stati membri mantengono la possibilità di destinare fino al 13% dei propri pagamenti diretti al sostegno di produzioni in difficoltà, come quella della barbabietola, del riso, del pomodoro e della carne bovina.
di Anna Roma
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