La ricerca genetica è in grado di ricreare gli “archetipi” delle piante: può, infatti, riportarle allo stato selvatico. È quanto sostiene un gruppo di scienziati dell’Università di Copenaghen (Danimarca), che ha scoperto un metodo per modificare il genoma dei vegetali e ricondurli alle loro forme primitive. In questo modo, spiegano gli autori, è possibile conferire alle piante quelle caratteristiche benefiche che avevano in origine e che hanno perso con il tempo, come la resistenza alla siccità.
Nel corso di uno studio, i cui risultati sono pubblicati sulla rivista Trends in Plant Science, gli esperti hanno realizzato una tecnica, chiamata “rewilding”, in grado di far recuperare alle piante i tratti “selvatici” che sono stati persi attraverso generazioni di coltivazioni selettive. Questo sistema, quindi, si differenza dalle tradizionali metodiche Ogm, che introducono modifiche genetiche volte a conferire ai vegetali proprietà che non hanno mai posseduto in precedenza. Al contrario, altera il genoma per far recuperare alle piante proprietà che i loro “antenati” un tempo possedevano, e che, prima delle coltivazioni intensive, erano state utili per resistere alle condizioni ambientali avverse.
In questo modo, secondo gli esperti, anche se i vegetali vengono sottoposti a un trattamento di modifica genetica, potrebbero essere classificati come “organici”, perché ottenuti con i geni della loro stessa specie. Gli studiosi ritengono, inoltre, che l’ingegneria genetica potrebbe essere un metodo molto più efficace di coltivazione selettiva. Per cui, a loro avviso, la tecnica “rewilding” potrebbe essere il primo passo per superare l’idea che modificare il Dna delle piante sia pericoloso.
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Nadia Comerci