Tutto il settore agroalimentare deve farsi trovare pronto davanti al Pnrr, il Piano nazionale di Ripresa e resilienza pensato per risollevare le sorti dell’economia europea dopo la pandemia. Anche la zootecnia è chiamata ad affrontare la sfida per trasformarsi in un comparto ancora più efficiente, green, produttivo e meglio strutturato. “La zootecnia può dare il suo contributo per far sì che le risorse siano utilizzate in modo giusto, che si facciano investimenti, che si trovino soluzioni comuni”, dice Matteo Boso, presidente di Oicb-Organizzazione interprofessionale per la carne bovina. “Le risorse del Pnrr possono offrire un contributo decisivo – continua Boso – per un’idea di filiera diversa da quella che si è realizzata finora. Deve essere un sistema integrato sul territorio che ha a cuore le persone che vi operano, che crea connessioni con altre attività e che cerca di fornire alla collettività un prodotto sempre più sano, sicuro, sostenibile”.
Lo scorso 27 luglio Oicb ha organizzato a Padova un incontro con Elio Catania, consigliere del ministero delle Politiche agricole alimentari forestali dedicato proprio al piano finanziato con i fondi Ue. L’evento – sponsorizzato da Assalzoo – ha visto la partecipazione dei rappresentati delle associazioni socie di Oicb. Interlocutore del Mipaaf è dunque l’intera catena della carne bovina in tutta la sua compiutezza, dall’alimentazione animale alla produzione, dalla macellazione alla distribuzione. Una filiera rappresentata da un soggetto unico che prova a sanare la vulnerabilità del comparto, come ricorda Marcello Veronesi, presidente di Assalzoo: “A differenza di altri comparti quello bovino non si è integrato negli anni, ma grazie a Oicb può vivere un nuovo sviluppo, investire le risorse del Pnrr per compiere quel salto di qualità auspicato da tempo e accompagnato da riforme attese da tutti”.
Per la zootecnia di domani è emerso il bisogno di dotarsi di un piano condiviso da tutti gli attori coinvolti, proiettato sul lungo periodo e che veda il coinvolgimento delle istituzioni. Tra Piano nazionale di Ripresa e resilienza e nuova Politica agricola comune, le risorse non mancano. E anche il decreto sostegni bis ha stanziato dei fondi per il settore: “Due miliardi del decreto – ribadisce Elio Catania – sono stati destinati alla zootecnia e 300 milioni ai contratti di filiera. Si deve aumentare la forza di integrazione della filiera, rafforzarla più di quanto fatto finora”.
I numeri continua a fornirli il rappresentante del ministero delle Politiche agricole. Con il Pnrr il settore primario avrà a disposizione circa 6-7 miliardi di euro. Le risorse sono destinate al miglioramento di diversi ambiti e funzioni: dai 500 milioni per la meccanizzazione agricola agli 800 milioni per la logistica, dagli 1,5 miliardi per la creazione di parchi agrisolari (impianti fotovoltaici per le coperture degli stabilimenti agricoli) agli 800-900 milioni per la resilienza del settore irriguo fino ai contratti di filiera, con una cifra ragguardevole: 1,2 miliardi. Oltre ai fondi per interventi mirati, dedicati al primario, ci sono quelli di natura trasversale, come l’industria 4.0 per il supporto alle aziende di diversi settori che investono in tecnologia. L’obiettivo dichiarato è quello di favorire il trasferimento delle innovazioni dall’ambito della ricerca e dello sviluppo direttamente in azienda. Sono dodici i miliardi messi in campo per questo scopo. Altri capitoli importanti sono quelli della transizione energetica e della digitalizzazione, per consentire alle aziende zootecniche di migliorarsi sotto il profilo dell’efficienza energetica e di sfruttare i dati per processi produttivi più funzionali.
Un documento programmatico fondamentale per il settore agro-alimentare-zootecnico sarà il Piano strategico nazionale che il ministro Patuanelli punta a presentare al massimo a novembre, come ricorda Catania: “L’agricoltura del futuro poggerà su quattro pilastri: l’innovazione, la sostenibilità, l’inclusione e lo sviluppo sociale”. Questi stessi pilastri sono i punti fermi che orientano l’attività della mangimistica italiana: “Grazie alla tecnologia e all’innovazione stiamo lavorando per produrre mangimi di precisione con cui supportare le esigenze nutrizionali degli animali e far sì che la zootecnia sia meno impattante. Realizziamo l’economia circolare facendo uso di coprodotti, materie prime che altrimenti sarebbero buttate”, dice Veronesi.
Il tema della sostenibilità e della trasformazione energetica sono fra i più sentiti dai rappresentanti della filiera. E il Pnrr potrà dare alle aziende zootecniche gli incentivi giusti per muoversi nella direzione auspicata dall’Unione europea. Carlo Giulietti, presidente di Copagri Veneto, parla dell’importanza degli impianti di trasformazione dei reflui accanto agli allevamenti e dello sfruttamento del biometano per la meccanizzazione agricola e il trasporto; Mario Grosso, consigliere di Assograssi, indica come rilevante il potenziamento della funzione di recupero dei sottoprodotti utilizzati per l’alimentazione animale e per i fertilizzanti.
Competitività di settore e difesa del prodotto italiano
La zootecnia è uno dei settori trainanti dell’intero agroalimentare italiano. La carne dei tre principali comparti (bovino, suino, avicolo) frutta un valore di circa 30 miliardi di euro di cui 10 alla produzione. Se si considera anche l’apporto di latte e uova si arriva a 40 miliardi. La carne bovina da sola costituisce infine il 44% in valore e il 33% in volume dell’intero comparto. La zootecnia italiana è di valore riconosciuto e in questa fase sta cercando di risollevarsi dai contraccolpi subiti a seguito della pandemia. La ripresa può essere segnata da un nuovo percorso, in cui l’attenzione all’ambiente e la digitalizzazione possono cambiare il volto al settore.
Da tempo gli allevatori hanno intrapreso la strada della sostenibilità, tuttavia i produttori hanno più volte puntato il dito contro i rischi per la competitività che potrebbero derivare dalla rigida osservanza alle prescrizioni indicate dalle nuove politiche. Pertanto dovrà essere presidiato anche il fronte della competitività del settore. Per Gianmichele Passarini, responsabile filiere di Cia-Agricoltori italiani, è necessario definire una strategia che sfrutti l’innovazione e la ricerca e “puntare all’abbattimento dei costi di produzione, alla specializzazione per diventare più competitivi”. Sul mercato interno bisogna poi ripensare al modo di parlare con il consumatore, per promuovere la carne italiana e comunicare i valori del sistema allevatoriale e zootecnico italiano, dicono i rappresentanti intervenuti all’evento. Il vicepresidente di Confagricoltura Matteo Lasagna sollecita un cambio di passo in questa direzione per affermare chiaramente che “il vero prodotto di qualità è quello naturale, non la carne sintetica del laboratorio”. Se Passarini invita ad “aprire le stalle per un patto col consumatore”, il vicepresidente di Uniceb Fulvio Fortunati chiede l’intervento del Mipaaf a tutela del settore carneo che è “perseguitato”. Posizioni condivise anche da Gianpaolo Angelotti, presidente Fiesa Confesercenti e che evidenziano, ancora una volta con forza, la compattezza della filiera del bovino da carne.
di Redazione