Pesce moltiplicato per tre? Più porzioni a settimana di orate, branzini, trote e alici allungano la vita. Toccasana per il cuore, le arterie e il cervello, tutte le specie ittiche condividono il segreto del loro benessere negli omega3, gli acidi grassi amici della salute. Senza dimenticare che sono una fonte ricchissima di vitamine e minerali, una vera ”enciclopedia” di sostanze benefiche.
“I grassi omega3 possono essere infatti trasformati nel nostro organismo in sostanze che esercitano un’azione antiaggregante piastrinica o in un componente molto importante dei lipidi del cervello che svolge un ruolo fondamentale nella trasmissione dell’impulso nervoso – spiega Elisabetta Bernardi, nutrizionista e biologa, docente presso il Corso di Nutrizione all’Università di Bari -. Entrambe queste sostanze hanno potenzialità antitrombotiche molto elevate. Gli acidi grassi omega3 riducono inoltre i livelli del colesterolo totale e migliorano la funzionalità cardiovascolare”. Uno “scudo” supplementare contro infarto, angina e arteriosclerosi.
Pesce e cuore
“Gli omega3 hanno effetti benefici e protettivi sul cuore e sul sistema circolatorio perché mantengono fluide le membrane delle cellule ed elastiche le pareti delle arterie”, afferma l’esperta. Ogni cellula è circondata da una membrana, che controlla il trasporto di sostanze dentro e fuori se stessa. “Gli acidi grassi polinsaturi sono dei costituenti importanti della membrana e se l’assunzione dei grassi polinsaturi attraverso la dieta non è ottimale le membrane diventano meno fluide, meno deformabili e le cellule, in particolare quelle del sangue, presentano una capacità minore di scivolare l’una sull’altra”, ricorda Bernardi. Il sangue diventa più vischioso, la circolazione più difficile e il cuore lavora di più, affaticandosi.
Fino ad oggi gli studi di supplementazione hanno dimostrato che aggiungendo alla dieta gli omega3 a catena lunga si verificano numerosi e significativi benefici. Il livello dei trigliceridi nel sangue diminuisce fino al 30%, si riduce, come detto, il rischio di coaguli, che sono fattori di rischio per trombosi, attacchi di cuore o ictus e anche la pressione del sangue diminuisce moderatamente, di circa 2 millimetri di mercurio, misura utile a ridurre su larga scala gli infarti del 7% e gli ictus del 10%.
Una carica di minerali
Il pesce, oltre ad essere leggero, è una vera “miniera” di sali minerali. In testa c’è il fosforo, fondamentale durante la crescita e nel processo di trasformazione dell’energia, seguito dal magnesio, essenziale per le funzioni biologiche che richiedono energia come la trasmissione dell’impulso nervoso o la contrazione muscolare, e infine il sodio, essenziale nella regolazione dell’equilibrio chimico cellulare. “Il contenuto di iodio, sostanza che previene il gozzo, e di selenio, che svolge un’attività antiossidante, – aggiunge Bernardi – varia a seconda delle specie, ma in genere 150 grammi di forniscono questi due minerali in quantità sufficienti a soddisfare il fabbisogno giornaliero di un adulto”.
Il pesce contiene anche il rame, necessario per l’utilizzazione del ferro e in molte reazioni chimiche dell’organismo, e lo zinco, molto importante per la crescita, la riproduzione, la cicatrizzazione e il normale funzionamento del sistema immunitario.
Tante vitamine pronte all’uso
Pochi lo sanno, ma nella carne di pesce c’è un consistente contenuto di vitamine, come B1, B2, B12 e PP, ma il pesce è il più importante e quasi esclusivo “serbatoio” di vitamine A e D già presenti come tali nell’olio di fegato di merluzzo, e non nella forma di “precursori” delle vitamine come negli altri alimenti.
Quante volte pesce a tavola?
Gli effetti protettivi nei confronti delle malattie cardiovascolari, si manifestano già con l’assunzione di 100 grammi di pesce al giorno per un periodo di sei settimane, “ma se si consuma pesce con regolarità, tre o quattro volte a settimana – continua l’esperta -, si fornisce al nostro organismo una quantità sufficiente di grassi omega3 per esercitare l’azione preventiva nei confronti delle patologie cardiovascolari”.
Il pesce è un ottimo alimento per tutti non solo per il suo basso contenuto in colesterolo, ma anche perché contiene proteine di elevata qualità “in quanto ricche di aminoacidi essenziali, ad esempio lisina, metionina, triptofano, e ha una carne caratterizzata da fibre muscolari corte molto adatta anche all’alimentazione dei soggetti convalescenti – dice Bernardi – che richiedecibi nutrienti, di agevole masticazione e di facile digeribilità”. Non solo. Permettono di fornire all’organismo “quantità sufficienti di tutti gli aminoacidi essenziali, che sono detti essenziali – precisa – perché il nostro organismo non riesce a produrli e deve necessariamente assumerli attraverso gli alimenti”.
Fa bene al cervello
A lungo si è discusso se la dieta potesse o meno influenzare il funzionamento del cervello. Oggi si sa che è così. “Sembrerebbe, infatti, che anche piccoli cambiamenti delle abitudini alimentari siano in grado di influire sull’aggressività, la depressione, il comportamento antisociale e l’iperattività nei bambini”, ricorda la nutrizionista, evidenziando che “il tessuto cerebrale è composto per il 60% da lipidi e tra questi la maggior parte sono grassi polinsaturi”.
Quindi anche l’intelligenza trae beneficio direttamente da quello che mangiamo. “Gli studi effettuati su molte specie animali hanno dimostrato che gli acidi grassi polinsaturi a catena lunga sono presenti nel tessuto cerebrale più che in qualsiasi altro tessuto dell’organismo”, continua Bernardi che cita come gli studi dell’università di Dundee in Scozia da Willatts e colleghi e pubblicati nel 1998 sulla rivista Lancet “mostrino che la presenza di omega3 polinsaturi a catena lunga nelle formule infantili rispetto alle formule non arricchite permette la risoluzione più rapida di problemi cognitivi da parte dei neonati”.
Anche per gli anziani vale lo stesso principio. Recentemente è stato condotto uno studio su soggetti dai 67 ai 92 anni da Makoto Suzuki, della University of the Ryukyus di Okinawa, in Giappone, che è anche una delle località con la più alta speranza di vita al mondo collegata ad una dieta in cui il pesce la fa da padrone. Si parla, non a casa, di “dieta Okinawa”. La ricerca ha evidenziato miglioramenti significativi dei punteggi nei test intellettivi dopo l’assunzione quotidiana per un periodo di tre mesi di olio di pesce: “Nel 60% dei soggetti è stato osservato un miglioramento dei risultati nel test intellettivo finale rispetto al test eseguito all’inizio dell’esperimento – afferma Bernardi -. Il 67% ha ottenuto miglioramenti anche della funzione visiva, anch’essa sottoposta a test all’inizio e al termine dello studio”.
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Cosimo Colasanto