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Peste suina africana, Efsa: Paesi balcanici a rischio contagio

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Il rischio che la peste suina africana possa diffondersi nei Balcani è molto elevata. Le probabilità del contagio da qui a un anno, dai Paesi già interessati dalla malattia zootecnica, sono comprese tra il 66% e il 100%. Invece il rischio di diffusione ‘a cascata’ dai Paesi balcanici agli altri Stati, tra cui l’Italia, è molto ridotto, al massimo pari al 15%. L’Efsa, l’Autorità europea per la Sicurezza alimentare, ha condotto una valutazione del rischio per monitorare la propagazione della patologia. Per evitare il contagio è necessario migliorare la sorveglianza, la comunicazione e la collaborazione tra le autorità e tutti i soggetti potenzialmente coinvolti.

Anche in Belgio ci sono contagi

Nel resto del mondo la peste suina africana sta interessando in particolare la Cina mettendo in ginocchio la produzione di carne suina. Anche altri Stati asiatici come il Vietnam sono colpiti dalla malattia. Malattia che in Europa si sta concentrando nell’area compresa tra il Baltico e il Mar Nero. Oltre al Belgio, si trovano qui i Paesi coinvolti: Bulgaria, Repubblica Ceca, Estonia, Ungheria, Lettonia, Lituania, Polonia e Romania. L’epidemia sta colpendo in particolare le popolazioni di cinghiali con occasionali ripercussioni sui suini domestici. Questi ultimi animali sono stati riguardati in prevalenza dal focolaio di peste che si è acceso in Romania nel 2018. Il nuovo quadro ha visto emergere un diverso andamento dell’epidemia, con più suini che cinghiali contagiati e con un maggior peso del fattore umano. 

Da qui discende il rischio per gli altri territori: dalla specifica situazione in Romania e da un rischio più generalizzato che testimonia il cosiddetto ‘salto della malattia’ per via della diffusione della peste suina su maggiori distanze per l’intervento dell’uomo. 

La valutazione del rischio dell’autorità, avviata su richiesta di Commissione europea a supporto delle misure di controllo e prevenzione della diffusione della malattia, ha riguardato i Paesi confinanti: Albania, Bosnia-Erzegovina, Croazia, Grecia, Kosovo, Montenegro, Macedonia settentrionale e Slovenia. Anche la Serbia era inclusa tra questi Paesi ma nel corso della valutazione è stato rilevato il contagio.

Per il resto dell’Ue il rischio è molto basso

Qui il rischio è alto: secondo l’Efsa le probabilità di diffusione della peste suina africana entro un anno sono comprese tra il 66% e il 100%. Altrove invece è di gran lunga più contenuto: le probabilità che dall’area balcanica, a un anno dalla eventuale diffusione della peste, questa arrivi in altri Paesi sono comprese tra lo 0% e il 15%. Il rischio è basso grazie alla stringente legislazione europea con lo scopo di contenere il rischio epidemico.  

Dal 2014 sono in vigore delle misure di controllo nell’Unione europea e queste dovrebbero continuare a essere incentrate sull’importanza della diagnosi precoce e sulla prevenzione. L’agenzia raccomanda in particolare la sorveglianza rigorosa, il mezzo più efficace per l’individuazione della malattia (soprattutto in cinghiali selvatici e suini domestici).  

Le altre misure riguardano la limitazione dell’accesso al cibo dei cinghiali selvatici, l’ulteriore riduzione del numero di capi con la caccia; le campagne di sensibilizzazione per viaggiatori, cacciatori e allevatori, ecc. per evitare che la circolazione delle persone aumenti il rischio di diffusione, ma anche per contribuire all’individuazione precoce; la comunicazione e collaborazione tra le autorità nazionali e le parti interessate sulle campagne di sensibilizzazione; l’attività di formazione per ufficiali veterinari, organismi competenti e cacciatori per aumentare la probabilità di diagnosi precoce e di controllo efficace.

 

Foto: Pixabay

redazione