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Più cibo per tutti grazie a equità, ricerca e sviluppo in agricoltura e meno spreco

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Favorire un accesso più equo al cibo e, al contempo, puntare sull’innovazione in agricoltura, limitare lo sfruttamento eccessivo delle risorse e ridurre lo spreco alimentare. In questo modo si potrebbe nutrire una popolazione destinata a diventare sempre più ampia, nel rispetto dell’ambiente. La ricetta per nutrire il pianeta, e allo stesso tempo difenderlo, è stata suggerita da un gruppo di ricercatori dell’International institute for Applied systems analysis in Austra. La strategia proposta permetterebbe di centrare l’obiettivo dell’Agenda per lo sviluppo sostenibile dell’Onu di porre fine alla fame nel mondo nel 2030. 

Questo approccio – spiegano gli autori dello studio pubblicato su Nature Susainability – non punterebbe solo sull’aumento della produzione ma affronterebbe il problema della nutrizione da una prospettiva diversa, quello dell’accesso al cibo. Un problema che vede Paesi in cui la disponibilità di cibo è maggiore di altri ma anche Paesi al cui interno sopravvivono forti disuguaglianze, con persone denutrite e persone obese.  

Nel mondo sono 800 milioni i soggetti denutriti, 3,1 milioni i bambini sotto i cinque anni che perdono la vita per questa ragione. Una persona su nove nel mondo non mangia in maniera adeguata: “La denutrizione non è non un problema di capacità di produzione agricola ma di sistema economico-politico. E quindi non ci sono scuse per non occuparsi della questione”, ricorda uno degli autori dello studio Petr Havlik.

Più politiche per diversi obiettivi e un unico fine

In genere quando si pensa a come risolvere il problema della fame nel mondo – spiegano i ricercatori – si parla di incremento produttivo e di crescita economica. Ma questo modello ha degli enormi costi perché impatta sull’ambiente: più si produce, più si inquinano acqua e aria, si emettono gas serra, si compromette la biodiversità. E questi costi saranno sempre più alti quando, nel 2050, ci saranno oltre due miliardi in più di individui da sfamare. 

L’approccio alternativo, invece, poggia su misure come gli aiuti alimentari, il sostegno al reddito, le reti di protezione, i voucher per l’acquisto dei prodotti alimentari. In questo modo si fornirebbe cibo a 410 milioni di persone che, in caso contrario, resterebbero denutrite. L’aumento di produzione agricola sarebbe contenuto nel 3% e quindi anche l’impatto sull’ambiente.

Per raggiungere invece l’Obiettivo di sviluppo sostenibile di “Porre fine alla fame, raggiungere la sicurezza alimentare, migliorare la nutrizione e promuovere un’agricoltura sostenibile” nel 2030 servirebbe invece un aumento del 20% della produzione alimentare, con un costo di 550 tonnellate di biossido di carbonio immesse nell’atmosfera.  

“Il cibo necessario per eliminare la fame e l’impatto negativo sull’ambiente sono contenuti se alla maggiore equità nella distribuzione alimentare si sommano un minore spreco alimentare, la limitazione del sovra-consumo delle risorse, la ricerca e lo sviluppo in agricoltura per aumentare i rendimenti delle colture nelle regioni in via di sviluppo”, conclude un altro autore dello studio Tomoko Hasegawa.

 

Foto: Pixabay

redazione