Il paradosso è goloso. E anche molto sano. Nei momenti in cui i consumatori sono confusi e non sanno cosa scegliere, i marchi sicuri e affidabili tornano a trionfare nel carrello. Una regola che vale ancora di più per un prodotto come il Prosciutto di Parma “completamente naturale” e fatto da pochi e semplici ingredienti, ”solo carne di suino italiana e un pizzico di sale”, sottolinea Chiara Serena Soffiantini, responsabile Ricerca e Qualità del Consorzio del Prosciutto di Parma, una delle grandi Dop italiane. Una filiera composta da 4700 allevamenti suinicoli, 100 macelli, 150 aziende che occupano 3.000 addetti diretti, 30.000 se si guarda all’intera filiera che dà vita a una produzione che vale 740 milioni di euro, 231 milioni solo dall’export.
Suini allevati con cura – Il primo passo per fare un Prosciutto che meriti la “corona ducale”, simbolo inconfondibile della Dop, è l’attenzione riservata alle materie prime. “Nella lunga storia del Prosciutto di Parma le modalità di allevamento degli animali sono cambiate molto – spiega Soffiantini -, una cosa però nel corso dei secoli non è mai variata, ovvero l’obiettivo che l’allevamento e il razionamento dei suini devono perseguire: oggi, come 2000 anni fa, l’alimentazione deve consentire di ottenere un lento accrescimento degli animali – continua l’esperta – affinché siano in grado di fornire carni mature e con un’adeguata copertura di grasso, caratteristica indispensabile per ottenere un prodotto di eccellenza”.
Si parte, quindi, dall’alimentazione dei suini. Il disciplinare di produzione prevede in maniera rigorosa la composizione degli alimenti nei diversi stadi di accrescimento, elencando gli alimenti ammessi in funzione della fase dell’allevamento e in quale quantità devono essere somministrati. L’ente che si occupa di eseguire controlli su tutta la filiera è l’Istituto Parma Qualità (IPQ) incaricato dal ministero delle Politiche Agricole.
“Nell’ambito della sorveglianza sugli alimenti l’IPQ assicura in primo luogo che siano conformi ai rispettivi standard merceologici – ricorda Soffiantini – e controlla che i razionamenti somministrati agli animali siano conformi a quanto disposto dal disciplinare”. A questo si aggiunge un controllo supplementare. Il Consorzio ha il compito di vigilare anche sull’osservanza del disciplinare produttivo che definisce la regolamentazione delle razze suine utilizzate e dei metodi di produzione. “I nostri ispettori, ai quali è riconosciuta la qualifica di agente di polizia giudiziaria, possono svolgere – dice ancora Soffiantini – qualsiasi tipo di accertamento su tutto il territorio nazionale nei confronti di chiunque produce, confeziona, detiene o vende prosciutto, presso allevamenti, macelli e laboratori, negli esercizi di vendita o nei ristoranti”.
Il Dna del territorio – La provenienza rigorosamente italiana della materia prima è una condizione essenziale. “Se così non fosse, non avremmo il Prosciutto di Parma, Dop dal 1996”, afferma l’esperta. Come tutti gli altri prodotti a denominazione di origine protetta, il “Parma” è indissolubilmente legato alla sua terra e alla zona geografica di cui porta il nome, un’area estremamente limitata che comprende il territorio della provincia.
“Solo in questa area hanno luogo tutte le condizioni climatiche ideali – puntualizza Soffiantini – per l’asciugatura, ossia la stagionatura naturale che darà dolcezza e gusto”.
Una fetta, tanti antiossidanti – Si può ringiovanire grazie al prosciutto. La stagionatura è, infatti, il valore aggiunto che esalta le sostanze che combattono i radicali liberi, le molecole instabili che aggrediscono il Dna cellulare, lo destabilizzano e fanno invecchiare prima. Nel Prosciutto di Parma c’è un ampio catalogo di proprietà nutritive. “Aiuta combattere e inibire l’azione dei radicali liberi e a ripristinare l’equilibrio fisiologico dell’organismo grazie alla presenza di antiossidanti naturali come la vitamina E e il selenio” e inoltre, sempre nel campo degli aspetti anti-age, “l’azione detossificante e anti-fatica degli aminoacidi ramificati -prosegue l’esperta – concorre alla riparazione del danno muscolare dovuto all’usura che il muscolo subisce durante il movimento”.
I pregiudizi sulla carne di maiale vengono sfatati anche quando si parla di cuore. La carne del prosciutto contrasta le “patologie cardiovascolari – spiega Soffiantini – grazie all’elevato contenuto di acidi grassi insaturi, come l’acido oleico contenuto anche nell’olio di oliva”. Si tratta di grassi buoni che fanno bene alla salute e “contribuiscono al raggiungimento dei livelli giornalieri di assunzione raccomandati di vitamine del gruppo B”.
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Cosimo Colasanto