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Rapporto Qualivita Ismea, il boom della Dop-economy

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Gli ultimi allori sono andati alla Pitina del Friuli-Venezia Giulia, una sorta di polpetta di carne affumicata, al Marrone di Serino della Campania, alla Lucanica di Picerno, specialità gastronomica della Basilicata, e al Cioccolato di Modica, in Sicilia, il primo cioccolato al mondo che può fregiarsi di una indicazione geografica. A seguito di queste new entry, tutte IGP, le eccellenze del settore agroalimentare italiano salgono a 822. Con questo patrimonio di DOP, IGP e STG (un riconoscimento che premia la mozzarella e la pizza napoletana), l’Italia detiene il primato mondiale dei prodotti a indicazione geografica. Un comparto che rende una produzione da più di 15 miliardi di euro e che traina l’export agroalimentare, storicamente tra i settori più fiorenti del Made in Italy. La crescita della cosiddetta Dop-economy è ormai consolidata e continua, come ha rilevato l’ultimo rapporto Qualivita Ismea di recente pubblicazione riferito al 2017. Il valore delle DOP e delle IGP è cresciuto più di quello dell’intero settore agroalimentare: rispettivamente +2,6% e +2,1% rispetto al 2016.

Il contributo di questo comparto al settore agroalimentare nazionale è notevole, pari al 18%. E le produzioni di eccellenza italiane – 299 prodotti alimentari e 523 vini – piacciono sia dentro che fuori i confini: tanto i consumi interni quanto le esportazioni sono in aumento. Nella Grande distribuzione organizzata Qualivita Ismea ha registrato un aumento del 6,9% del food a peso fisso e del 4,9% del vino. Tendenza positiva anche per l’export che sfiora quota 9 miliardi di euro (8,8 miliardi, in crescita del 4,7% sul 2016). Si tratta di una voce rilevante nella bilancia commerciale del Paese: un quinto di tutte le esportazioni agroalimentari è costituito proprio dai prodotti DOP e IGP.

 

Le eccellenze zootecniche

Il sistema delle indicazioni geografiche coinvolge un insieme di 275 Consorzi di tutela e poco meno di 200 mila operatori, una miriade di piccole e medie aziende che lavorano accanto a realtà più grandi e strutturate con una maggiore proiezione internazionale. Di questi oltre 83mila sono impiegati nell’ambito alimentare, in particolare nella produzione e trasformazione di formaggi (28mila), olio d’oliva (22mila) e ortofrutta (19mila). Proprio nel settore dei formaggi si trovano i primi due prodotti a marchio DOP e IGP per valore alla produzione: il Parmigiano Reggiano DOP e il Grana Padano DOP. Per entrambi il valore registrato dal report si aggira intorno a 1,3 miliardi di euro (poco sotto la soglia il Grana che, però, si afferma come primo prodotto per valore al consumo). Il Parmigiano Reggiano ha inoltre fatto segnare una crescita produttiva del 5,2% e del prezzo medio all’origine del 13,7%.

Ma in buona salute è l’intero settore dei formaggi – che rappresenta oltre la metà dell’intero valore all’origine e al consumo del food – con una variazione positiva della produzione (+1,6% e 525 mila tonnellate di prodotto). Ben il 36% della produzione è destinato alle tavole dei consumatori all’estero. Oltre a Parmigiano e Grana Padano anche Mozzarella di Bufala campana DOP e Gorgonzola DOP hanno tracciato una tendenza al rialzo.

Di segno opposto la produzione a base di carne, ovvero prosciutti e salumi, con 200 mila tonnellate in calo del 3,6% rispetto al 2016. Per i primi un forte traino arriva dall’export con dati in doppia cifra per il Prosciutto di San Daniele DOP (+34% di valore all’export e una cifra record di 87 milioni di euro), ma anche per la Bresaola della Valtellina IGP e dei Salamini alla cacciatora DOP. Anche le carni fresche (con una fetta di mercato più esigua, con una DOP e cinque IGP) hanno fatto segnare una flessione, sebbene più contenuta, dell’1,6%. Ciononostante l’aumento dei prezzi medi alla produzione ha assicurato un miglioramento dei fatturati. E i produttori hanno anche beneficiato di un grande ritorno dall’export, aumentato di ben il 184% sul 2016 anche per le nuove tecniche di packaging che facilitano conservabilità e preparazione dei prodotti, sottolinea Ismea.

 

Marchi e territorio

Oltre a farsi ambasciatori del brand Italia nel mondo, i prodotti a marchio DOP, IGP e STG contribuiscono a irrobustire il legame tra l’enogastronomia, il turismo e il territorio. Non c’è provincia che non benefici del ritorno economico generato da questo comparto sebbene questo sia distribuito in maniera diversa nella Penisola. Sono il Veneto e l’Emilia Romagna le due regioni che più beneficiano della produzione e del commercio dei prodotti di eccellenza, rispettivamente con 3,5 e 3,4 miliardi di euro di impatto economico. Più staccate Lombardia (1,9 miliardi), Piemonte (1,1 miliardi, ma è la regione con la crescita maggiore tra le prime cinque: +14% sul 2016) e Toscana (1 miliardo).

Nelle prime quattro regioni si concentra il 65% del valore totale delle indicazioni geografiche mentre nelle prime due si trovano le province con i maggiori introiti: Parma, Verona e Treviso. Considerando il solo settore food, la classifica cambia, con l’Emilia sempre in testa seguita però da Lombardia, Campania e Veneto.

E dalla Dop-economy al turismo Dop il passo è immediato. Le indicazioni geografiche si fanno promotrici di un turismo enogastronomico che avvicina la cultura del cibo alla scoperta del territorio. La stessa Qualivita ha stimato oltre 200 eventi incentrati sui prodotti e oltre 600 risorse culturali legate al comparto food&wine in tutta Italia.

 

Foto: © nolonely – Fotolia

Vito Miraglia