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Ricerca scientifica e TEA: una sfida da vincere per garantire la sovranità alimentare italiana

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di Lea Pallaroni, Direttore generale Assalzoo

In un recente intervento un importante studioso di genetica agraria, il professor Mario Pezzotti dell’Università di Verona, ha indicato come ci sia la concreta possibilità che l’Italia possa arrivare prima nella trasformazione produttiva delle Tea (Tecnologie di evoluzione assistita). Può arrivare prima e deve provare ad arrivare prima.

Assalzoo, da anni, sostiene la necessità di una svolta nel sostegno alla ricerca pubblica e privata finalizzata a portare le innovazioni dal laboratorio al campo. Si tratta di una necessità non più prorogabile, una strategia prioritaria, se abbiamo davvero come obiettivo di perseguire non solo la sovranità alimentare ma soprattutto, occorre ribadirlo, se vogliamo garantire un sufficiente grado di sicurezza alimentare per l’Italia. 

Non va infatti dimenticato come la dipendenza dalle importazioni di materie prime agricole sia progressivamente aumentata, soprattutto negli ultimi 20 anni. Un trend che non sembra arrestarsi e che pone seri interrogativi per il futuro e sul quale non possiamo più permetterci sottovalutazioni. Ad oggi siamo costretti a importare una quota enorme, compresa tra il 60% e il 65%, di materie prime vegetali necessarie al nostro sistema agro-zootecnico-alimentare: arriva dall’estero una quota variabile tra i 6,5 e i 7 milioni di tonnellate di mais (a inizio millennio c’era l’autosufficienza produttiva rispetto a questa coltura); praticamente tutto il grano tenero ad uso zootecnico, visto che in Italia non si produce grano tenero foraggero; il 40% dell’orzo per l’alimentazione zootecnica. Un quadro che, se risulta così preoccupante per i cereali, diventa ancor più allarmante se proiettato sulle proteine vegetali: una quota tra l’80% e l’85% della soia e della farina di soia e oltre il 90% del girasole e delle relative farine provengono dalle importazioni.

Sono numeri che mettono in evidenza una criticità molto forte del nostro Paese e che pongono in difficoltà anche il sistema produttivo costretto a dover cercare le materie prime necessarie fuori dai propri confini, con tutto ciò che questo comporta in termini economici, di logistica e di sostenibilità complessiva. Tutti aspetti non di poco conto se si considera che tutto questo ha una influenza diretta sull’attività di programmazione delle aziende di trasformazione per garantire un sufficiente livello in termini di quantità e, soprattutto, di qualità, delle nostre produzioni. 

Una situazione che impone pertanto un’attenzione maggiore e uno sforzo da parte di tutti per cercare di ridare una reale competitività alla produzione primaria, fornendo a essa ogni strumento necessario a recuperare margini e capacità produttiva. E in questa direzione il ruolo di primi attori spetta alle Istituzioni, che devono impegnarsi al massimo affinché venga aggiornata il più presto possibile la normativa che regolamenta la possibilità di trasferire dal laboratorio al campo tutte quelle innumerevoli innovazioni che la ricerca scientifica è in grado di mettere a disposizione del nostro sistema agroalimentare, di cui le TEA rappresentano sicuramente una delle punte più avanzate in cui riponiamo serie aspettative.

Senza innovazione non esiste sviluppo e non esiste capacità di crescita in termini non solo quantitativi e qualitativi, ma anche in termini economici, di corretta gestione delle limitate risorse a nostra disposizione e di sostenibilità anche ambientale, per un asset strategico e imprescindibile come lo è la produzione agro-alimentare, da cui dipende la garanzia di cibo sufficiente e accessibile a tutti. 

L’Italia, che ha un passato di avanguardia nella ricerca scientifica in agricoltura, ha il dovere di riappropriarsi di questa sua capacità, recuperando il gap accumulato inspiegabilmente in questi ultimi trent’anni. Abbiamo le competenze per farlo. Ma per rendere concreto questo obiettivo dobbiamo impegnarci con maggiore determinazione in sede comunitaria, affinché venga adottata nei tempi più brevi l’attesa normativa sulle nuove biotecnologie, che giace da troppi anni sui tavoli della burocrazia, ma anche dando una scossa a livello nazionale per accelerare il rilascio delle autorizzazioni alla sperimentazione in campo. Dobbiamo farlo perché non possiamo permetterci più di restare indietro e perché dobbiamo essere in grado di offrire ai nostri agricoltori prima e a tutto il settore agroalimentare poi, quella spinta necessaria a sostenere il nostro sistema produttivo.

Ne abbiamo le capacità e ne abbiamo le possibilità, ma ne abbiamo anche l’obbligo se vogliamo dare gli strumenti per essere competitivi ai nostri agricoltori e se vogliamo mantenere alta la bandiera dell’eccellenza e della originalità dell’agroalimentare italiano che tutto il mondo ci invidia.