Un recente studio, analizzato dallo European Livestock Voice, la piattaforma multi-stakeholder che lavora sulla catena del valore dell’industria alimentare europea, rivela una prospettiva sul settore zootecnico decisamente meno distorta rispetto alle solite notizie che appaiono solitamente sui media. In Brasile, Francia, Germania, Regno Unito e Stati Uniti, la maggioranza dei cittadini non ritiene che la produzione di carne sia una causa principale del cambiamento climatico e, nonostante la critica costante nell’opinione pubblica, il bestiame non è il principale responsabile delle emissioni di gas serra.
Le cifre indicano chiaramente come l’allevamento di bestiame contribuisca al 14,5% delle emissioni globali di gas serra, mentre settori come l’industria, il trasporto e l’energia rappresentano oltre l’80% delle emissioni: questi risultati sono sorprendenti per molte persone e vanno in netta controtendenza con quelle narrazioni “verdi” basate su presunti diritti degli animali che attribuiscono all’agricoltura il ruolo di principale inquinatore globale. Secondo lo studio, le principali cause del riscaldamento globale sono i combustibili fossili, l’uso eccessivo di plastica, l’eccesso di consumi e la sovra-popolazione, mentre la produzione di carne si colloca solo all’undicesimo posto.
Tuttavia, lo studio ha rivelato che il consumo di carne rimane elevato in tutti i mercati: la maggior parte delle persone infatti non vuole ridurre il consumo di carne per motivi di salute, piacere e convenienza e, inoltre, le alternative proteiche vegetali registrano vendite inferiori a causa del gusto, della lavorazione e del costo più elevato di questi prodotti rispetto alla carne. In sintesi, le persone sono più preoccupate per il costo della vita e la propria salute che per l’impatto ambientale legato al consumo di carne. Questi risultati sottolineano l’importanza di comunicare chiaramente i fatti e la scienza, incoraggiando allo stesso tempo pratiche zootecniche sostenibili per garantire alimenti nutrienti accessibili a tutti.