Quello di Ravenna è un porto strategico per la movimentazione di cereali e derrate alimentari. Del suo ruolo nella rete infrastrutturale italiana e della sua integrazione nei grandi corridoi internazionali Mangimi & Alimenti ne ha parlato con Daniele Rossi, presidente dell’Autorità di Sistema portuale del Mare Adriatico centro-settentrionale – Porto di Ravenna.
Gentile presidente, dall’alto del suo privilegiato punto di osservazione come giudica la condizione del sistema infrastrutturale italiano? Che livello di interconnessione esiste tra le diverse reti (portuale, ferroviaria, aerea e autostradale) e cosa andrebbe migliorato?
È risaputo che la performance dell’Italia nell’ambito delle infrastrutture dei trasporti è al di sotto della media europea. In base alle elaborazioni annuali (2018) redatte dalla Direzione Generale Trasporti della Commissione europea siamo diciannovesimi su 28 nella Ue. L’ultimo indicatore, “Puntualità delle spedizioni”, che è calcolato dalla Banca Mondiale, ci vede decimi su 28, al di sopra della media Ue. Il che significa che, nonostante condizioni infrastrutturali spesso non adeguate, gli operatori logistici riescono a soddisfare la domanda in maniera tutto sommato efficiente. Nella differenza tra il grado di efficienza delle infrastrutture e le performance degli operatori logistici sta il gap che dovremo recuperare attraverso, certamente, le “grandi opere”, ma anche attraverso l’efficientamento del cosiddetto “ultimo miglio” per interconnettere le differenti modalità di trasporto. Il costo delle inefficienze infrastrutturali/logistiche è calcolato dagli esperti in circa 30 miliardi l’anno.
Qual è il ruolo del Porto di Ravenna nella rete infrastrutturale italiana e quali sono le peculiarità della sua presenza nel territorio dell’Italia centrale?
Il Porto di Ravenna è il solo porto commerciale dell’Emilia-Romagna. Con oltre 26,6 milioni di tonnellate di merce movimentata nel 2018 rappresenta il sesto porto italiano. Il quarto al netto dei prodotti petroliferi. L’inclusione nel sistema della grande viabilità e il collegamento con le principali reti di trasporto fanno del Porto di Ravenna un nodo accessibile dai principali mercati italiani ed europei, ragione per cui è stato inserito dall’Unione europea nelle reti TEN-T, divenendo il terminale meridionale del corridoio Baltico-Adriatico e di quello Mediterraneo e rientrando nella ristretta lista degli 83 “core ports” europei. Il Porto di Ravenna si caratterizza oggi come leader in Italia per gli scambi commerciali con i mercati del Mediterraneo orientale e del Mar Nero e svolge una funzione importante per quelli con il Medio e l’Estremo Oriente. Alla rete viaria si affianca quella ferroviaria alla quale sono raccordati i principali terminal portuali. Lo scalo di Ravenna è infatti in grado di movimentare via treno il 13,3% della merce in transito con 7000 treni movimentati nel 2018.
In che modo il Porto di Ravenna sta affrontando le sfide portate dall’integrazione della rete portuale italiana con la rotta orientale (Belt and Road Initiative) e con quella occidentale?
Nelle prossime settimane pubblicheremo il Bando di Gara per il progetto “Hub portuale Ravenna“. È un progetto articolato, del valore di 235 milioni di euro, che comprende l’approfondimento dei fondali, la realizzazione di una nuova banchina di oltre 1.000 metri destinata prevalentemente a terminal container, l’adeguamento strutturale di oltre 6.500 metri di banchine portuali esistenti e la realizzazione di nuove piattaforme logistiche urbanizzate e attrezzate, direttamente collegate alle banchine, ai nuovi scali ferroviari merci e al sistema autostradale, che rappresenteranno un unicum nel panorama della portualità nazionale. Il progetto, già interamente finanziato, ha una valenza europea tant’è che la Commissione europea lo ha cofinanziato con 37 milioni di euro dei fondi CEF (Connetting European Facility). È utile soffermarsi sulla citata Belt and Road Initiative per fare un ragionamento sull’importanza strategica delle nuove piattaforme logistiche attrezzate che realizzeremo. Partendo dal presupposto che il Porto di Ravenna è uno dei pochi porti con aree libere; in questo caso oltre 200 ettari di aree che saranno a disposizione degli operatori che vorranno insediarsi. Gli accordi in essere con RFI prevedono la costruzione di due stazioni merci con evidenti vantaggi per l’intermodalità. Pochi porti hanno i fondali adeguati per accogliere le grandi navi che arriveranno dall’Estremo Oriente (certamente Trieste nell’Adriatico); così come pochi porti avranno a disposizione aree adeguate per stoccare e smistare questa enorme quantità di merce. Ecco che il Porto di Ravenna, integrandosi con Trieste, e non solo, potrà rispondere alle sfide che la BRI impone a tutto il sistema Paese.
Nel Porto di Ravenna transitano prodotti agricoli e animali, derrate alimentari e mangimi. Quale contributo deriva e può derivare da esso per rendere più efficiente il settore cerealicolo italiano?
Grazie all’intuizione di alcuni imprenditori locali, una parte importante della storia del Porto di Ravenna inizia proprio con il commercio di prodotti agroalimentari. Il più importante, Serafino Ferruzzi, fu capace di coniugare la grande tradizione agricola che esprimeva il territorio con la capacità di sfruttare il mare per commercializzare questi prodotti. Dopo 50 anni il Porto di Ravenna è diventato una piattaforma logistica per i prodotti agroalimentari prima in Italia e tra le più importanti d’Europa, in particolare prodotti cerealicoli e semi oleosi grazie ad imprese altamente specializzate. I flussi di cereali, derrate alimentari e mangimi nel Porto di Ravenna sono stati negli ultimi 10 anni costantemente in crescita, passando dalle 2,8 milioni di tonnellate nel 2008 alle oltre 4 milioni di tonnellate del 2018. Tradizionalmente i cereali sono importati per la maggior parte dai Paesi membri dell’Unione europea, mentre per i semi oleosi i Paesi prevalenti sono quelli extra-Ue. Il bacino di distribuzione comprende non solo la regione Emilia-Romagna, ma anche il Veneto, la Lombardia fino a Umbria e Piemonte.
Qual è l’importanza strategica del ruolo di Ravenna per il made in Italy e l’export agroalimentare nel mondo?
Il settore agroalimentare rappresenta una delle eccellenze del made in Italy e l’export di prodotti agroalimentari nel 2018 si è attestato sulla cifra record di 41,8 miliardi di euro (dati Ismea). I maggiori mercati di sbocco sono quelli dei Paesi Ue (65%) a confronto con quelli dei Paesi extra-Ue (35%). Per supportare il settore sono necessarie politiche di sostegno adeguate ed in contrasto con il falso made in Italy che sembra avere raggiunto numeri impressionanti nel mondo. Soffermandosi però sulle infrastrutture e sulla logistica, l’obiettivo non può che essere quello di abbassare i costi delle inefficienze attuali che si ripercuotono su tutto il sistema Italia. In questo senso sono strategici gli investimenti nei grandi corridoi europei che comprendono anche i valichi alpini da dove transita la maggior parte dell’export agroalimentare italiano, oltreché naturalmente nei porti. Anche le imprese devono fare la propria parte. Per esempio abituandosi a vendere franco destino piuttosto che franco partenza facendo così rimanere in Italia quel valore aggiunto logistico che troppo spesso è stato appannaggio di grandi operatori esteri.
Vito Miraglia