La produzione globale di cibo è in aumento, ma le guerre e gli shock climatici mettono a rischio la sicurezza alimentare. È quanto emerge dal rapporto: “Crop Prospects and Food Situation” pubblicato dall’Organizzazione per l’alimentazione e l’agricoltura delle Nazioni Unite (Fao), secondo cui nonostante l’incremento dei rendimenti agricoli nella maggior parte dei paesi a basso reddito, i conflitti civili in corso e gli shock legati al clima stanno ostacolando la lotta contro la fame.
Il documento evidenzia che circa 37 paesi – di cui 28 si trovano in Africa – richiedono assistenza alimentare esterna. La Fao precisa che i conflitti continuano ad avere un forte impatto sull’agricoltura e sulla sicurezza alimentare nella Repubblica Centrafricana, nella Repubblica Democratica del Congo, in Iraq, nella Nigeria settentrionale, in Somalia, in Sud Sudan, in Siria e nello Yemen. Inoltre, spesso le guerre producono effetti negativi anche in altri Paesi, a causa del grande numero di sfollati e dell’aumento dell’insicurezza civile.
L’impatto dannoso dei conflitti, prosegue la Fao, nel 2017 è stato aggravato in alcuni paesi, in particolare in Somalia e in Etiopia meridionale, a causa degli shock atmosferici, inclusa la siccità. Inoltre, gli uragani nei Caraibi e le inondazioni in Africa Occidentale potrebbero ostacolare la produzione agricola locale.
Ciononostante, la Fao precisa che le tendenze generali riguardanti la produzione alimentare sono positive, incoraggiate dalle aspettative di raccolti record di cereali in diversi paesi. Nel 2017 la produzione cerealicola mondiale dovrebbe raggiungere il livello record di 2.611 milioni di tonnellate. Anche se questo è dovuto alla crescita del rendimento in Argentina e in Brasile, è previsto anche un aumento di oltre il 10% della produzione aggregata in Africa, grazie ai maggiori raccolti di mais nell’Africa meridionale e di grano nei paesi dell’Africa settentrionale. Secondo le ultime stime, quest’anno dovrebbe aumentare del 2,2% anche la produzione aggregata di cereali nei paesi a basso reddito con deficit alimentare, con una riduzione dell’ esigenza d’importare questi prodotti dall’estero.
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