Identificato una nuova tecnica di analisi delle caratteristiche del suolo, capace di determinare l’incidenza e la gravità della sindrome della morte improvvisa (SDS) della soia. È quanto emerge da uno studio pubblicato sulla rivista Phytobiomes Journal dai ricercatori statunitensi della Southern Illinois University di Carbondale, dell’Iowa State University di Ames e della University of Minnesota di St. Paul, che hanno trovato il modo di rilevare non solo le proprietà fisiche e chimiche del terreno, ma anche i microbi presenti nel suolo.
La sindrome della morte improvvisa della soia è una malattia che può colpire i terreni in cui viene coltivato il legume. Può avere effetti devastanti: la perdita del rendimento può raggiungere il 100%, a seconda della varietà di soia colpita e del momento in cui si sviluppano i sintomi della patologia. Per combatterla, negli ultimi anni si è spesso ricorso all’analisi delle caratteristiche fisiche e chimiche del terreno, ma finora nessuno aveva pensato di studiare anche i microrganismi che vi abitano.
“La possibilità che i campi vengano colpiti dalla SDS dipende da fattori fisici e biologici, e la soppressività del suolo nei confronti della malattia è un fenomeno molto conosciuto – afferma Ahmad M. Fakhoury, che ha diretto lo studio -. La promozione e il sostegno della soppressività naturale del suolo contro la malattia potrebbero essere parte integrante della gestione efficace e sostenibile dei patogeni del suolo”.
Nel corso della ricerca, gli scienziati hanno analizzato i campioni di 45 terreni coltivati con la soia nell’Illinois, nell’Iowa e nel Minnesota. I campioni sono stati raccolti da zone in cui la malattia era presente e in aree in cui risultava assente. Gli esperti hanno quindi utilizzato nuovi strumenti e tecniche per individuare le popolazioni microbiche presenti nei terreni “malati” e in quelli “sani”, e per correlare la loro presenza con l’incidenza e la gravità della SDS. Al termine dell’analisi, hanno individuato differenze significative nelle strutture comunitarie batteriche e fungine tra le diverse aree dei campi. Secondo gli esperti, questi risultati suggeriscono che la varietà dei microrganismi presenti nel suolo potrebbe essere un fattore-chiave dell’incidenza della SDS.
“Questo lavoro documenta il primo sforzo di valutare l’importanza dei fattori biologici nel determinare l’incidenza della sindrome della morte improvvisa (SDS) della soia usando strumenti metagenomici – spiega il dottor Fakhoury -. Rappresenta fondamentalmente un primo tentativo di risolvere la complessità delle interazioni biologiche che influenzano il verificarsi di questa malattia”.
Gli esperti ritengono che questo approccio potrebbe essere utilizzato per valutare la salute del suolo e la sua capacità di dare sostentamento al Fusarium virguliforme, l’agente patogeno responsabile della SDS. Inoltre, potrebbe servire a studiare anche altri patogeni e malattie che colpiscono i terreni destinati alla coltivazione. “Gli strumenti e le nuove tecniche che abbiamo usato permettono di differenziare le complesse interazioni microbiche – conclude lo scienziato -. Questo permetterà, in ultima analisi, di elaborare e adottare strategie più efficaci e sostenibili per gestire la SDS e le altre malattie che danneggiano la produzione agricola”.
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