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Lorenzo Nicoli: “Per ridare competitività alla maiscoltura italiana bisogna aprire alla ricerca genetica”

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Il sistema dei controlli sulla filiera agroalimentare italiana non ha eguali al mondo. Questo rende il mais italiano un prodotto dotato di ottime qualità, soprattutto dal punto di vista della sicurezza alimentare. Ad affermarlo è Lorenzo Nicoli, Presidente di Confagricoltura Veneto, secondo cui la maiscoltura italiana è penalizzata, rispetto ai competitor esteri, dall’impossibilità di accedere alla ricerca genetica. Se il Governo non ne prenderà atto, il mais continuerà a perdere superfici e il nostro Paese dipenderà sempre più dall’importazioni di prodotti Ogm dall’estero.

Presidente, è iniziata la stagione del mais: com’è andata la semina?
Grazie alle buone condizioni metereologiche le semine sono andate bene e la stagione si presenta favorevole con nascite regolari delle piantine e con precipitazioni sino ad ora adeguate.

Quali previsioni si aspettano gli operatori del settore per la stagione 2015? In particolare, quali numeri sono attesi per la produzione italiana?
Quest’anno si registra un calo delle superfici seminate a mais poiché il mercato segna quotazioni in forte ribasso. È una coltura che prevede anticipazioni di capitale più alte di altre colture come la soia e il frumento, pertanto gli agricoltori si sono orientati verso queste colture.

Quali rischi può correre il raccolto?
La stagione ideale per il mais sarebbe quella dello scorso anno che ha presentato un’estate fresca con piogge frequenti, anche se dobbiamo ricordare che è stata una stagione anomala con un luglio particolarmente piovoso e non nelle medie che caratterizzano la Pianura Padana.
È ormai noto che per ottenere una granella sana e di qualità, si deve garantire alla pianta il giusto apporto di concime, evitare stress idrici ed intervenire nel momento opportuno con i trattamenti contro la Piralide e la Diabrotica.
È altrettanto chiaro però che se persistono quotazioni così basse si rischia di non coprire le spese sostenute.

Quali caratteristiche denotano la qualità del mais italiano?
Il mais italiano ha ottime qualità soprattutto in termini di sicurezza visto che il sistema dei controlli su tutta la filiera agroalimentare italiana non ha eguali al mondo.
Gli agricoltori non si spiegano come mai il mais che viene importato dall’estero abbia quotazioni superiori a quello nazionale.
È avvilente constatare che regolarmente il mais estero Ogm venga pagato 18-20 €/ton in più rispetto al nostro, con buona pace di chi continua a sostenere che non dobbiamo coltivare mais Ogm perché non ci conviene!
A questo proposito, poiché l’Unione Europea ha lasciato agli Stati membri la facoltà di decidere in materia di Ogm, ci aspettiamo coerenza da parte del Governo. Non ritengo coerente vietare la semina di piante migliorate geneticamente, addirittura continuare a vietare la ricerca universitaria pubblica nel miglioramento genetico delle piante utilizzando tecniche d’ingegneria genetica e al contempo permettere l’utilizzo di farine ottenute da mais o soia Ogm.

Quale pericolo rappresentano le micotossine?
È una minaccia da tenere sempre presente perché il nostro clima è favorevole alla piralide che agevola l’insediamento dei funghi che generano le micotossine e l’introduzione di varietà di mais geneticamente resistenti a questi attacchi sarebbe la soluzione migliore.

La produzione italiana non è al momento autosufficiente per le esigenze della produzione agroalimentare: quali strategie andrebbero adottate per aumentare il mais nostrano? Più terreni? Semi Ogm?
Dobbiamo ridare competitività alla maiscoltura italiana e non possiamo farlo se continuiamo ad impedire agli agricoltori italiani di poter disporre del meglio che la ricerca genetica ha messo a disposizione dei nostri concorrenti americani, argentini, brasiliani, ucraini, spagnoli, rumeni ecc.
Tra un mese o poco più tutti i maiscoltori saranno costretti a trattare il mais per il controllo della piralide con un costo potenziale a carico della maiscoltura italiana di circa 75 milioni di euro. Ci sono stime che indicano in oltre 400 €/ha la perdita economica dovuta all’impossibilità di poter seminare varietà di mais geneticamente migliorato. Ma il gap competitivo è destinato ad aumentare con lo sviluppo della ricerca genetica messa a disposizione dei nostri competitor, che verterà ad indurre le piante a meglio utilizzare i nutrienti, e ridurre il fabbisogno d’acqua, a resistere ad altri patogeni oltre alla piralide.
È chiaro che a queste condizioni il mais continuerà a perdere superfici, e così la rinuncia alla coltivazione di mais Ogm avrà l’effetto di far dipendere sempre di più l’Italia dalle importazioni anche e soprattutto Ogm, con il risultato che le rinomate produzioni dell’agroalimentare italiano dipenderanno sempre di più da materie prime straniere.

 

Foto: © smereka – Fotolia. com

Nadia Comerci