Onorevole De Castro il primo aprile è diventata una data simbolo. Cosa comporta a livello normativo europeo la fine del sistema delle quote-latte?
La fine del sistema delle quote latte, che si concretizzerà a partire dal prossimo primo aprile, vorrà dire che le aziende europee saranno libere di produrre senza vincoli in termini di contingentamento dell’offerta produttiva. A livello normativo sarà importante guardare al futuro. Ciò vuol dire far sì che l’Unione Europea possa definire e introdurre al più presto nuovi strumenti per gestire questa fase delicata che caratterizzerà uno dei settori più esposti alle incertezze del mercato ma che, al tempo stesso, continua a rappresentare una delle produzioni cardine del sistema agroalimentare europeo.
E a livello sanzionatorio (l’annosa e famosa questione delle multe sulle quote-latte)?
A livello sanzionatorio, con la fine delle quote, cesseranno anche tutti i meccanismi che hanno contraddistinto il funzionamento del sistema ivi incluso il super prelievo, ovvero la questione delle multe. Ciò non toglie che le “partite in gioco” tra l’Unione e i singoli Stati Membri continueranno ad esser gestite e dovranno esser portate a termine.
Quali sono le ricadute per la zootecnia italiana (sia come possibili vantaggi sia come conseguenze negative)?
È ancora presto per fare delle valutazioni sulle conseguenze derivanti dalla fine del regime. Certamente, il contesto in cui si inserisce questa importante novità non è tra i migliori degli ultimi anni. Dopo la durissima crisi del 2009, i produttori di latte si trovano infatti nuovamente a operare in una fase d’incertezza. Gli effetti prolungati della crisi economico-finanziaria, il calo dei consumi interni, le conseguenze dell’embargo russo, sono le principali cause di una situazione di estrema difficoltà per i produttori. In tale ambito, le fluttuazioni di prezzi rischiano di impattare sui margini delle aziende lattiero-casearie, soprattutto su quelle meno strutturate e, quindi, più esposte alla volatilità dei mercati.
Come cambiano i rapporti concorrenziali tra la filiera del bianco italiana e quella degli altri paesi europei (Francia e Germania su tutti)?
Non credo si debba pensare, soprattutto nel breve periodo, a cambiamenti importanti dal punto di vista concorrenziale tra i vari stati dell’Unione. I paesi maggiormente vocati verso produzioni lattiero-casearie, continueranno ad esercitare la propria leadership. Certamente, la velocità con la quale i singoli mercati e i sistemi produttivi si sapranno adattare al nuovo contesto sarà un fattore competitivo importante per il futuro. Ragionando invece in termini di mercato unico, è indubbio che la prossima cessazione del regime delle quote latte avrà delle ripercussioni sui prezzi e sulla produzione. Effetti che, qualora non gestiti con strumenti idonei, rischiano di aggravare ulteriormente un contesto che, come prima accennato, è già di per se poco ottimale.
È in discussione un secondo pacchetto-latte in Commissione Agricoltura. Quali sono gli elementi qualificanti di questo nuovo progetto legislativo?
La commissione agricoltura e sviluppo rurale del Parlamento Europeo è impegnata in queste settimane a definire la propria relazione sul futuro del settore lattiero-caseario e, in particolare, sulle conseguenze derivanti dalla fine del regime delle quote produttive. Un fronte già aperto nel corso della precedente legislatura in occasione della riforma della politica agricola comune e che, adesso, sarà rilanciato con rinnovato impegno dall’europarlamento. L’obiettivo finale è quello di valutare la possibilità di lavorare per il futuro all’introduzione di nuovi meccanismi che prevedano sistemi di gestione dell’offerta, non assimilabili a quelli preesistenti, ma che possano introdurre strumenti flessibili d’incentivazione per il raggiungimento di obiettivi produttivi. Un’opportunità importante che, al di là della natura non legislativa, dovrà essere sfruttata per avviare finalmente quella riflessione necessaria a introdurre nuovi strumenti per mitigare gli effetti dell’estrema volatilità che caratterizza il mercato europeo e per gestire lo stesso mercato dopo la fine delle quote produttive
Tornando al caso Italia. Quali sono le debolezze italiane nel sistema di produzione del latte? E quali sono i possibili rimedi?
Le debolezze del settore sono spesso quelle che connotano il sistema agricolo nazionale. Limiti strutturali affiancati da debolezze organizzative che limitano le potenzialità di crescita. Accanto a ciò non bisogna sottovalutare però un dato di fondo. Da un lato la domanda alimentare mondiale in continua espansione, dall’altro l’interesse crescente dei consumatori verso cibi ad elevato contenuto qualitativo, rappresentano due opportunità che le produzioni lattiero-casearie italiane, uniche al mondo per distintività e qualità, non possono farsi sfuggire.
Il latte e i latticini sono una parte importante dell’eccellenza italiana agroalimentare e per la crescita dell’export. Ritiene che, da qui al 2020, ci sarà spazio di crescita sui mercati internazionali per la filiera del bianco italiano?
Assolutamente si. Come prima accennato, la leadership italiana nella produzione di prodotti di qualità rappresenta un elemento di forza e vincente per la crescita dei nostri prodotti sui mercati internazionali. Una condizione però non sufficiente se non affiancata da nuovi sforzi organizzativi. Il patrimonio caseario italiano, straordinariamente ricco per caratteristiche distintive e territoriali, può essere sfruttato a pieno solo se valorizzato con adeguati interventi organizzativi e strutturali. La nostra offerta produttiva, che ha caratteristiche distintive uniche per storia, tradizione, legame col territorio, deve trovare percorsi sempre più efficaci di valorizzazione sui mercati. Oggi, per essere competitivi occorrono modelli organizzativi che hanno bisogno anche di servizi e infrastrutture esterne e di strumenti per superare i limiti dimensionali del sistema impresa.
Salvatore Patriarca