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Ogm, un’occasione mancata per l’agro alimentare italiano?

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Il tema è fra i più controversi nell’opinione pubblica. Tra ricercatori e associazioni di categoria, in molti lamentano la confusione che regna nei mass media e nell’informazione che spesso tratta con immotivato allarmismo le questioni relative agli ogm, gli organismi geneticamente modificati. Per fare chiarezza sull’argomento, l’Istituto superiore di sanità ha organizzato un congresso lo scorso 10 febbraio nella sua sede di Roma. “Gli Ogm nella filiera agro-alimentare: una rinuncia ragionata o un’opportunità non colta?” è il titolo dell’evento che ha visto l’intervento di un nutrito gruppo di relatori di enti e istituzioni non solo nazionali e delle associazioni di categoria. Tra i relatori anche Salvatore Arpaia, membro del panel dedicato a organismi, alimenti e mangimi geneticamente modificati dell’Efsa, l’Autorità europea per la sicurezza alimentare.

In apertura di giornata si è discusso dei rischi legati agli organismi gm per uomo, animali e ambiente nella catena agro-alimentare. In questa sessione, moderata da Carlo Brera, responsabile scientifico del congresso, ha preso la parola il rappresentante dell’Efsa illustrandone l’attività nella valutazione del rischio. Di fronte alle richieste di autorizzazione di alimenti e mangimi gm – ha spiegato Arpaia – l’autorità valuta la sicurezza dell’ogm o dei suoi derivati: una consulenza strumentale all’attività di Commissione europea e Stati membri che decidono se approvarne o meno l’ingresso nel mercato. Sono intervenuti anche i rappresentanti dei ministeri dell’Ambiente, della Salute e delle Politiche agricole e dell’Istituto Superiore di Sanità che ha definito i risultati ottenuti in ambito di ricerca europea relativamente alla valutazione del rischio per la salute dell’uomo.

In Europa sono solo cinque i Paesi in cui è possibile coltivare Ogm: Spagna, Portogallo, Romania, Repubblica Ceca e Slovacchia. Il tema della coesistenza tra organismi geneticamente modificati e non è stato al centro della seconda sessione del congresso. Tra i relatori Antonio Boselli, presidente di Confagricoltura di Milano e Lodi. Nel suo intervento ha parlato delle buone pratiche agricole che rendono possibile la coesistenza tra colture e il rispetto della soglia di tolleranza dello 0,9% della presenza accidentale di ogm nei prodotti convenzionali. Pratiche non particolarmente costose e adattabili anche al contesto italiano, in un Paese vittima di un ‘paradosso’ – come illustra Boselli –stretto fra il divieto di coltivazione di ogm e la necessità di importare prodotti. Mentre l’import è cresciuto per far fronte al crescente fabbisogno, la produzione è rimasta costante negli anni.

Prima della tavola rotonda in cui si è parlato del futuro degli ogm in Italia, i partecipanti hanno affrontato la questione della loro tracciabilità nella filiera alimentare e mangimistica. “I controlli ufficiali dei mangimi sono finalizzati alla tutela della salute pubblica, per fornire ai consumatori garanzie di salubrità, sicurezza e qualità dei prodotti di origine animale”, ha detto Angelo Millone della Asl di Cuneo. Quest’ultima sessione è stata l’occasione per dar voce ai consumatori. Agostino Macrì dell’Unione nazionale dei consumatori ha condiviso la necessità di fornire ai cittadini informazioni corrette, frutto di valutazioni scientifiche sull’impatto ambientale e sulla sicurezza alimentare, per allontanare lo scetticismo. I toni allarmistici non fanno bene al consumatore che “aumenta solo il proprio bagaglio di disinformazione e paura”, ha concluso.

 

Foto: Pixabay

Vito Miraglia