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Marcello Veronesi (presidente Assalzoo): “Sostenibilità, sicurezza, visione comune. Ecco le parole d’ordine della mangimistica di domani”

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Presidente Veronesi, quali sono le prospettive – in ottica di filiera – dell’accordo strategico appena sottoscritto?
Questo accordo è al tempo stesso punto di arrivo e di partenza. Si tratta del risultato di un percorso fortemente voluto dal mio predecessore alla presidenza di Assalzoo, il dottor Alberto Allodi, e vuole essere un importante segnale per sensibilizzare gli operatori dell’intera filiera nonché i regolatori. È infatti doveroso prendere coscienza per poi naturalmente agire con il fine di risolvere le problematiche che, sotto vari aspetti (qualità, quantità), si traducono in una minore competitività del settore agroalimentare italiano, con uno spreco di risorse economiche che oggi vengono trasferite ad altri sistemi-Paese.
Fin dal 2008 Assalzoo ha evidenziato la problematica del sempre minor grado di autosufficienza di materie prime alimentari che oggi ha raggiunto livelli allarmanti con il 60%-65% del fabbisogno alimentare dei nostri animali che deve essere importato.

Che significa per l’agroalimentare italiano sviluppare una consapevolezza di settore, sempre più radicata, soprattutto in termini di visione e di conquista di nuovi mercati?
In un mondo sempre più interconnesso e aperto verso i mercati internazionali con in generale una buona predisposizione verso i nostri prodotti, è per me importante che le filiere operino in modo compatto per salvaguardare e proteggere i propri prodotti. Solo così possiamo pensare di attualizzare i plus che si sono affermati nel tempo e che vengono costantemente richiamati dal sistema agroalimentare italiano per promuovere le nostre eccellenze al premium price che meritano.

Per il settore della zootecnia, nello specifico, quali sono i risultati che si aspetta dall’accordo?
Il protocollo sottoscritto con le altre associazioni della filiera cerealicola e degli olii può essere un ottimo stimolo per il rilancio dell’agricoltura italiana. A fronte della rinnovata disponibilità delle nostre aziende a garantire l’acquisto di ingenti quantitativi sul mercato nazionale, è auspicabile che si attivino delle politiche di sostegno alla ricerca, alla sperimentazione di tecniche produttive e alla loro divulgazione per ridare una prospettiva economicamente sostenibile alla produzione cerealicola italiana.

Nella prospettiva della mangimistica che, nei fatti, è un po’ lo strumento di raccordo dell’intera filiera zootecnica, una maggiore coesione di settore potrebbe rappresentare un volano di crescita a monte (materie prime alimentari) e a valle (allevamento e prodotti per il consumatore) del settore?
Non c’è dubbio circa il ruolo centrale della mangimistica. Del possibile stimolo a monte abbiamo già detto poco fa; per capire che cosa fare a valle ci basti guardare ai Paesi all’avanguardia (per produzioni ed esportazioni) nel settore agroalimentare, ma anche ai settori dell’economia italiana più evoluti, per vedere come un corretto agire di sistema sia indispensabile. Solo così possiamo pensare di accrescere il valore generato dalla nostra industria nell’interpretare e soddisfare le richieste del consumatore moderno, sia in Italia che all’estero.

Proprio questa collocazione mediana della mangimistica permette ad Assalzoo di avere una visione complessiva dell’intero processo zootecnico italiano: dove sta andando il settore? Quali sono i punti di forza?
Il settore si sta concentrando sempre più sulle filiere – dirette o indirette – diventando strategico per aumentare il valore (non sempre riconosciuto) dei prodotti alimentari che concorre a produrre. Le crisi del passato hanno evidenziato che la mangimistica italiana è sempre stata qualitativamente all’avanguardia. Dobbiamo inoltre puntare, in una logica proattiva, su sostenibilità e trasparenza.

Ci sono invece gli elementi sui quali c’è ancora più strada da fare e margini di miglioramento?
Dobbiamo lavorare per ridare grande dignità (agli occhi dei consumatori, dei politici) al nostro importante ruolo che ha contribuito nel passato allo sviluppo e alla crescita di importanti settori zootecnici; ridurre al minimo le distorsioni di mercato e di sistema-Paese che impediscono agli imprenditori di competere ad armi pari tra loro e con i nostri colleghi europei; promuovere la sostenibilità a 360 gradi: economica, sociale e ambientale; puntare allo sviluppo del Sud; incentivare il benessere animale e ridurre l’uso dei farmaci.

Se dovesse evidenziare le tre sfide dei prossimi cinque anni con le quali la zootecnia italiana è chiamata a confrontarsi, quali sarebbero?
La grande sfida della zootecnia italiana – e non – è quella di recuperare un’immagine di modernità, d’avanguardia, attrezzandosi per rispondere a una sempre maggiore frammentazione della domanda, a consumatori sempre più informati. Per questo, già oggi, stiamo dando grande importanza a temi come il benessere animale, la riduzione dei farmaci, la sicurezza, l’impatto ambientale.

E rispetto alla mangimistica: quali i tre grandi ambiti di confronto con i quali il settore sarà chiamato a misurarsi nei prossimi anni?
Passando dalla zootecnia alla mangimistica, mi viene da dire che le vere sfide sono il benessere animale, la riduzione dei farmaci, la sicurezza, l’impatto ambientale. Non è un errore di stampa, è che le nostre sfide sono quelle della filiera, perché soltanto se tutti lavoriamo nella stessa direzione possiamo rilanciare l’agroalimentare italiano dandogli il giusto valore. Certo il mangimista deve saper dare il suo contributo per produrre di più con meno, valorizzando – in un’ottica di economia circolare – i co-prodotti che l’industria italiana ci mette a disposizione, ma anche quegli elementi che ci consentono di migliorare le performance zootecniche. Per un settore che guarda al futuro non possono poi mancare la correttezza, la trasparenza e la capacità di seguire un percorso di sostenibilità, tutti elementi che da sempre fanno parte del nostro Dna.

Salvatore Patriarca