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Ferrari (Izsto): “Le fonti proteiche alternative avranno un grande futuro nell’alimentazione animale”

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Angelo Ferrari è il direttore generale dell’Istituto zooprofilattico sperimentale del Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta. Il centro è attivo nella ricerca sperimentale in sicurezza alimentare, sanità e benessere animale, igiene degli allevamenti e delle produzioni zootecniche. Tra gli ultimi progetti di cui l’Istituto è stato capofila ci sono il monitoraggio della qualità del latte bovino prodotto nel territorio regionale, una ricerca sulle erbe aromatiche e officinali a sostegno della filiera della carne e il monitoraggio con test istologico sui bovini provenienti dall’Ue per rilevare sospetti trattamenti illeciti, quest’ultimo finanziato dal ministero della Salute.

A luglio l’Istituto e Assalzoo hanno firmato un nuovo accordo per la formazione e lo sviluppo della mangimistica. Perché è importante trasferire le conoscenze scientifiche ai produttori di alimenti per animali e perché è utile per voi tecnici interloquire con loro?

È importante un raccordo tra il mondo produttivo e il controllo ufficiale: entrambi puntiamo a prodotti salubri. A noi importa conoscere i processi produttivi anche per identificare l’origine dei problemi che rileviamo dalle nostre analisi e dalle nostre ricerche. Al mondo produttivo interessa conoscere, comprendere come limitare eventuali problemi ed eventualmente correggere alcune pratiche per migliorare l’aspetto sanitario dei prodotti e aprire nuovi mercati. La conoscenza è la prima base della ricerca.

La ricerca in materia di igiene degli allevamenti e di sicurezza alimentare è uno dei compiti dell’Istituto. Quali sono stati i principali, recenti, traguardi tagliati dalla ricerca scientifica su questi aspetti e da quali prospettive di lavoro potrebbero arrivare nuovi rilevanti risultati?

Nell’ambito dell’alimentazione animale un problema molto sentito riguarda lo sfruttamento eccessivo delle risorse ambientali, come l’acqua e le fonti proteiche nobili come la farina di pesce. Il nostro Istituto è all’avanguardia nello studio di fonti proteiche alternative, come gli insetti e le alghe, che avranno un grande futuro nell’alimentazione animale. Inoltre, lavoriamo anche sul riutilizzo di prodotti destinati all’alimentazione umana, ma non utilizzabili per ragioni commerciali e non sanitarie, perché possano diventare materie prime per alimenti per gli animali, costituendo un ottimo esempio di economia circolare.

Nella sua strategia Farm to Fork la Commissione europea vuole ulteriormente promuovere l’approccio One Health, ad esempio con i nuovi regolamenti sui medicinali veterinari e i mangimi medicati. Lo scopo è dimezzare entro il 2030 le vendite complessive di antimicrobici. È un traguardo alla portata del settore agricolo-zootecnico?

Il settore agricolo-zootecnico italiano rappresenta un’eccellenza nel mondo. L’allevamento avicolo ha subito negli anni recenti una trasformazione imponente, riducendo in modo drastico l’utilizzo degli antibiotici, come richiesto dal mercato, migliorando nel contempo le condizioni ambientali e di benessere animale. Questa esperienza dovrebbe essere trasferita anche negli altri settori zootecnici. Sono convinto che una maggiore educazione del consumatore potrebbe spingere il mercato a produrre in modo diverso, migliorando le condizioni di benessere degli animali e diminuendo di conseguenza l’uso di antibiotici.

Anche i mangimi sono un tassello fondamentale per il miglioramento dei livelli di salute e benessere. In che modo l’alimentazione animale può dare un apporto ancora più incisivo e contribuire al raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità della nuova strategia europea, come il contrasto all’antibiotico-resistenza?

Una maggiore consapevolezza del consumatore potrebbe orientare il mercato verso modi innovativi di produrre gli alimenti di origine animale, influenzando anche la produzione dei mangimi. Interventi mirati alla riduzione dell’uso di antibiotici negli animali produttori di alimenti sono associati alla riduzione di batteri antibiotico resistenti in questi animali. Ci sono evidenze scientifiche che una simile riduzione avvenga anche negli esseri umani. (www.thelancet.com/planetary-health Published online November 6, 2017 http://dx.doi.org/10.1016/S2542-5196(17)30141-9)

Vito Miraglia