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«Semplificazione e competitività: le azioni per l’impresa agricola. Nessuna preclusione su Ogm e ricerca»

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Intervista a Teresio Delfino, Responsabile nazionale agricoltura dell’Udc e Componente Commissione Agricoltura della Camera dei Deputati.

Spesso si ha l’impressione che l’agricoltura, nel contesto produttivo, sia considerata una sorella minore. Si tratta, secondo lei, di un pregiudizio che può essere sradicato?

Si tratta di un’impressione che rivela una reale mancanza di conoscenza del sistema produttivo dell’agricoltura italiana e quindi portatrice di un pregiudizio infondato. L’agricoltura è una solida realtà economica del nostro Paese che vale 250 miliardi di euro e che va dall’agroindustria alla manutenzione e salvaguardia del territorio. L’importanza dell’agricoltura è stata riconosciuta dalla legge sulla multifunzionalità in agricoltura scaturita dal dibattito portato avanti sul finire degli anni ‘90 e che ha valorizzato le molteplici funzioni dell’impresa agricola, dall’agrobusiness fino alla tutela ambientale e al turismo.
Sono convinto che negli ultimi anni il ruolo dell’agricoltura sia tornato ad essere centrale. Lo dico da figlio e nipote di coltivatori diretti prima che da ex sottosegretario alle Politiche agricole. Rispetto all’abbandono degli anni ‘70 e ‘80 oggi c’è un’attenzione rinnovata. Essere imprenditore nel settore vitivinicolo, per fare un esempio, è uno status symbol. C’è stato un cambiamento profondo, sia in termini di preparazione dell’imprenditore che di qualificazione di rapporti, anche su scala globale.
Le difficoltà di oggi non sono tanto legate ad un riconoscimento del ruolo, quanto alle difficoltà economiche più generali, in cui la redditività e la tutela del reddito sono complicate da una filiera che dà più valore alla distribuzione e alla trasformazione industriale che alla produzione agricola. Questo tema, quello del riequilibrio tra comparti, deve essere affrontato anche in sede di Pac. Dobbiamo sostenere la nostra agricoltura rafforzando le finalità per le quali nel 1957 nacque la Politica agricola comune, l’autoapprovvigionamento e la sicurezza alimentare.  

Parlando di agricoltura ci si dimentica troppo spesso della sua funzione primaria: assicurare l’approvvigionamento alimentare. Quali sono le sfide che attendono il comparto per contenere i rischi legati, ad esempio, alla produzione di biocombustibili?

Se mi è concesso, mio nonno e mio padre che sono stati coltivatori diretti, si rivolterebbero nella tomba al pensiero che ettari ed ettari di mais vengano coltivati solo per essere bruciati. Credo che questo fenomeno sia, comunque, destinato ad esaurirsi naturalmente. L’incalzante crescita demografica conduce inevitabilmente in un’altra direzione. Anche il recente G20 di Cannes ha riservato una particolare attenzione al tema del fabbisogno alimentare. L’obiettivo è fare in modo che le finalità energetiche date dai biocarburanti non siano in conflitto con le risorse alimentari. Bisogna orientarsi verso l’utilizzo di sottoprodotti e scarti secondo la filosofia per cui si può riutilizzare tutto, trasformandolo, mentre pensare di sviluppare colture dedicate alla produzione di biocombustibili porta fuori strada. Certo dobbiamo anche colmare il gap di produzione da rinnovabili per raggiungere gli obiettivi minimi del 20% entro il 2020 utilizzando il fotovoltaico, ma farlo occupando i campi da coltivare e sciupando i terreni è assurdo.
Ancora una volta, pensando all’Italia che ha poca terra disponibile e poche aziende, la direzione deve essere quella di ricercare, in una politica di filiera, di riequilibrare il versante della produzione con quelli della commercializzazione e della distribuzione.

In che modo la produzione agricola può guardare al progresso scientifico e alla ricerca, come nel caso delle biotecnologie e degli ogm, come una risorsa?

Sono convinto che abbiamo davanti la necessità di ricercare sempre nuove soluzioni. Un conto è lo sviluppo della ricerca, per me indispensabile, altro è abbracciare una strada che non differenzi l’agricoltura italiana nello scenario europeo e internazionale. Ecco, rispetto ad uno dei temi più dibattuti, che crea opinioni diverse e discordanti, come quello degli Ogm, personalmente, ma credo di interpretare anche la convinzione della maggioranza nell’Udc a cui appartengo, non c’è contrarietà nei confronti degli Ogm. Tuttavia, credo che il comparto agricolo italiano debba essere molto attento nel perseguire linee distintive rispetto alla globalizzazione del mercato agricolo e agroalimentare che valorizzino al massimo la nostra produzione. Faremmo un errore se omologassimo la nostra produzione a quella di Paesi che hanno territori e spazi immensi, dobbiamo invece perseguire elementi di specificità per garantire spazi di mercato. Un discorso a parte merita invece la ricerca di nuove varietà e nuove qualità. Dobbiamo sostenere la ricerca, a fianco della tracciabilità e dell’etichettatura, che permettano di presentare le linee Ogm-free e quelle Ogm, in mondo che sia il mercato a fare la differenza e a far avanzare le produzioni più tradizionali.
 

In questi mesi si sta discutendo il rinnovo della Pac, Politica agricola comune. Quali sono gli indirizzi che dovrebbero essere incentivati per permettere lo sviluppo dell’agricoltura italiana?

L’Europa non può ridurre il sostegno all’agricoltura, gli Stati devono aumentare il valore della contribuzione al bilancio europeo. Basta pensare che negli Usa, durante i consigli di guerra, è richiesta la presenza anche del loro ministro per l’agricoltura per accorgersi che è un errore pensare di ridurre il peso dell’agricoltura in Europa. La tentazione, nello scenario di consolidamento dei budget di spesa, è quello di orientare la spesa verso le infrastrutture, ma non bisogna dimenticare la funzione che l’agricoltura svolge in Italia come garanzia di benessere, crescita e di conservazione del patrimonio ambientale.
Quello che serve all’Italia, in questo momento, è prima di tutto la destinazione delle risorse ai coltivatori attivi. Bisogna evitare la dispersione delle risorse, in troppi fanno agricoltura per hobby.
Un altro elemento da correggere in corsa per quanto riguarda la politica comunitaria è il rispetto per la diversità ambientale e paesaggistica dei contesti produttivi. L’Italia ha un patrimonio produttivo agricolo – vite, olivo, castanicoltura – che è inscindibile dal contesto ambientale. Secondo gli attuali indirizzi in discussione, questi tipi di produzione non verrebbero valutati ai fini di quella parte di risorse che rappresentano il 30% del primo pilastro della Pac. La Pac deve farsi carico di sostenere tutte le realtà ambientali di qualità. Dall’altra parte si deve favorire una maggiore capacità nella distribuzione e utilizzazione dei fondi europei a livello nazionale, garantendo principi ben definiti, evitando gli schemi rigidi previsti attualmente.
 

Da tempo ormai l’agricoltura è associata all’idea di assistenzialismo: tre idee chiave per riportare la spinta imprenditoriale al centro del programma agro-alimentare.

Bisogna abbattere una volta per tutte il concetto di assistenzialismo e ribadire che l’agricoltura è un settore strategico per l’Italia e per l’Europa. In quanto strategico richiede sostegni adeguati agli obiettivi che deve realizzare. Dobbiamo anche promuovere il massimo di competitività all’interno del mondo agricolo, fornendo agli imprenditori tutti gli strumenti per stare sul mercato. Direi che questa azione si potrebbe sintetizzare in tre linee: concentrare, come dicevamo, gli interventi sugli agricoltori attivi; un’altra misura fondamentale è fornire incentivi per la nascita di nuove imprese guidate da giovani; infine, dobbiamo lavorare per una Pac che favorisca la semplificazione e la sburocratizzazione del rapporto tra attività agricola e pubblica amministrazione. Su questi temi la battaglia è decisiva. Troppe risorse vengono sprecate nel rapporto non razionale tra imprese piccole o medie e le istituzioni. Anche la Pac soffre di questo difetto. L’obiettivo è quello di creare una regolamentazione basata su automatismi, evitando ulteriori sovrastrutture che possono soltanto appesantire il lavoro dell’imprenditore agricolo. 

 

Foto: Pixabay

Cosimo Colasanto