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Aldo Muraro (Unitalia): “Qualità di prodotto, convenienza e sostenibilità: le chiave del successo delle carni di pollame”

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L’avicoltura è il settore zootecnico con maggiori tassi di crescita. Qual è la mappa produttiva italiana, a livello di distribuzione geografica e industriale?

Da parecchi anni, ma particolarmente nell’ultimo decennio, in tutto il mondo – cos’ come in Italia – l’avicoltura ha registrato uno sviluppo ragguardevole.
La produzione di carni avicole in Italia tradizionalmente è maggiormente concentrata nelle regioni del nord-est. Infatti, Veneto (36,8), Emilia-Romagna (29,6), Lombardia (10,0) e Marche (4,4) rappresentano l’80,8% del totale della produzione nazionale.

I tre elementi chiave del successo italiano in ambito avicolo?

Sicuramente il principale elemento chiave del successo del settore avicolo nazionale è l’elevata integrazione della filiera. Questa caratteristica unica nel panorama zootecnico italiano, il cui ruolo nel successo dell’avicoltura è stato oggetto di uno studio di Nomisma (2016), permette una efficacie e rapida capacità da parte delle aziende di intervenire su qualsiasi criticità si dovesse verificare nella filiera (mangime, allevamento, trasporto e produzione). Inoltre, l’integrazione tra produzione primaria e fase di trasformazione, che nel settore avicolo è peculiarmente attuata per mezzo del contratto di “soccida”, ha permesso agli allevatori avicoli di superare meglio di altri la profonda crisi che sta attraversando da anni la zootecnia nazionale. Gli altri elementi chiave per il successo delle carni avicole, strettamente correlati tra loro, sono l’elevata qualità del prodotto e la grande affidabilità dei marchi. Le imprese dell’industria avicola lavorano da anni nel rispetto delle normative europee, le più complete e sofisticate a livello mondiale, al fine di garantire la qualità dei propri prodotti

Anche se minori rispetto ad altri settori, ci sono stati degli effetti dell’onda lunga della crisi finanziaria?

Il rinnovo strutturale degli allevamenti avicoli in atto nel primo decennio del 2000, si è bruscamente interrotto a causa della crisi finanziaria.
In questi ultimi anni si è ripreso quel lavoro di rinnovamento, ma si sono persi quasi 10 anni, a vantaggio di altri stati EU (per dirne uno, la Polonia) che invece hanno proseguito nel loro cammino di sviluppo e aggiornamento, con le conseguenze che cominciamo a vedere oggi e vedremo ancor di più in seguito.
Tuttavia, per i motivi precedentemente esposti, il settore avicolo ha subito molto meno la crisi finanziaria degli ultimi anni, grazie all’organizzazione delle filiere, altamente integrate ed in grado di adeguarsi con una certa flessibilità alle necessità del mercato. Il consumatore non ha mai smesso di sostenere l’acquisto di carni di pollame, per le caratteristiche del prodotto: elevato apporto di proteine ad alto valore nutrizionale, contenuto in ferro paragonabile a quello delle altri carni, convenienza, sostenibilità, versatilità nelle preparazioni, ma anche assenza di vincoli religiosi.

Alimentazione, benessere animale e qualità di prodotto: sono queste le sfide di domani per l’avicoltura italiana?

Sì, questi temi, unitamente ai molti altri che quotidianamente vengono affrontati dalle aziende, rappresentano le sfide per il settore avicolo. Tuttavia, piuttosto che parlare di “sfide di domani”, credo sia più corretto parlare di “sfide di oggi”, in quanto la nostra avicoltura ha già da anni intrapreso un percorso incentrato su una maggiore attenzione all’alimentazione degli animali, al miglioramento del loro benessere e alla riduzione nell’uso del farmaco, per la produzione di alimenti sani, sicuri e di qualità, più vicini ai nuovo orientamenti dei consumatori.

Diminuzione consumo carni e mode vegetariane sono alcuni dei temi al centro del dibattito zootecnico: da qui arrivano i rischi per la tenuta dell’avicoltura italiana o ce ne sono altri?

No, credo che non sia corretto definire questi temi come un rischio per l’avicoltura. A mio parere, il vero rischio che corre oggi il nostro settore, come anche gli altri settori delle carni, proviene principalmente da coloro che demonizzano un sistema produttivo o in generale il settore delle carni, senza alcun supporto oggettivo e scientificamente provato alle proprie tesi.
Dobbiamo ricordare che nel “mondo” secondo la FAO e le previsioni degli studiosi più attenti, il consumo globale di carni è destinato ad aumentare dagli attuali 300 milioni di tonnellate fino a 500 milioni di tonnellate nei prossimi 20 anni. Infatti, come cresce il potere d’acquisto delle popolazioni cresce anche la domanda di proteine animali e ciò succederà soprattutto nei paesi in via di sviluppo. I prodotti avicoli – sempre secondo gli esperti, ma il concetto è facilmente comprensibile – saranno quelli che si svilupperanno di più per le loro caratteristiche di maggior sostenibilità e convenienza rispetto alle altre carni.

Europa, export e prodotto italiano: come si colloca l’avicoltura e su quali eccellenze puntare?

L’export, così come per altri settori economici nazionali, è di importanza fondamentale. La sfida dell’avicoltura, come di tutto l’agroalimentare italiano, sarà per il futuro quella di valorizzare l’italianità dei propri prodotti (il settore avicolo nazionale produce sul proprio territorio il 106% del proprio fabbisogno) e di accedere a mercati fondamentali come la Cina e la Russia. 

Oggi in Italia, il 95% dei prodotti avicoli sono commercializzati “freschi” (=durata max 7 gg. dalla macellazione), ma il “fresco” non può andare lontano, non oltre i 1000-1200 km dagli stabilimenti di macellazione. Il “fresco”, quindi, è un limite all’EXPORT, ma lo è anche per l’IMPORT trasformandosi in una sorta di barriera protettiva, anche in vista del TTIP, poiché l’esigente consumatore italiano è orientato prevalentemente al prodotto fresco.
Ma il mondo non si ferma né si ferma all’Italia, perciò bisogna puntare su nuove sfide e nuove eccellenze, grazie all’innovazione e alla ricerca.


Crescita della zootecnia: quali sono gli spazi di sviluppo e le politiche da implementare all’interno della filiera e nel dialogo istituzionale?

Come dicevo in precedenza, valorizzare italianità e gli investimenti nell’apertura di nuovi mercati è una sfida imprescindibile per il futuro. Per quanto riguarda la situazione nazionale, il comparto avicolo italiano è organizzato in “filiera stretta” con il sistema della SOCCIDA che ha dimostrato di essere funzionale e insostituibile. E’ necessario migliorare questo sistema riconoscendogli ancor più rilevanza nel contesto agricolo e coinvolgere le ISTITUZIONI (nel razionalizzare la BUROCRAZIA e nel ricercare RISORSE FINANZIARIE) per aggiornare e innovare il parco allevamenti italiano, al fine di rendere le produzioni sempre più sostenibili, concorrenziali, rispettose del benessere animale, capaci di ridurre, anno dopo anno, l’uso degli antibiotici.
Il settore avicolo italiano ha da tempo intrapreso un percorso virtuoso di miglioramento dei propri standard produttivi, già tra i più elevati al mondo, e di collaborazione con le Istituzioni. Per continuare questo percorso è necessario che tale collaborazione sia sempre più stretta ed efficacie, permettendo anche all’avicoltura l’accesso a strumenti disponibili per gli altri settori zootecnici che tuttavia al momento le sono preclusi, come fondi specifici nell’ambito dei piani di sviluppo rurale.
Infine un’ultima osservazione: l’alimentazione è qualcosa di cui tutti conosciamo l’importanza. Anche la “SCUOLA” (oltre che la “FAMIGLIA”) deve farsi perciò carico di una consapevole informazione.

Salvatore Patriarca