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«Articolo 62, una svolta moralizzatrice» Intervista ad Alberto Allodi

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Orgogliosi di aver contribuito allo sviluppo del Paese e della sua economia, ottimisti rispetto alle opportunità offerte dall’Expo 2015, ma realisti e vigili rispetto alle attuali condizioni del settore che continua “a vivere tensioni legate alle fibrillazioni del prezzo delle materie prime”. Nella situazione di crisi economica, che ha colpito tutti gli attori della filiera, il Presidente di Assalzoo Alberto Allodi guarda con “soddisfazione” all’attuazione dell’articolo 62 del “Cresci Italia”, perché “si tratta di una norma di moralizzazione della quale il nostro sistema aveva ormai bisogno, una soluzione non ulteriormente rimandabile”.

 

Una soluzione non rimandabile per via della crisi, presidente Allodi?  

La realtà è che stavamo vivendo in un “medioevo” della transazione. Eravamo precipitati a livelli tali per cui tutta la filiera correva il rischio di un impasse, con pagamenti che oltrepassavano anche i 180 giorni dall’emissione della fattura. Tempi “biblici” che non erano giustificabili. Per questo dico che l’articolo 62 rappresenta un salto qualitativo necessario. Questa norma riduce, finalmente, l’esposizione che era arrivata a livelli insostenibili e che generava rischi pesantissimi per le aziende. Ma dirò di più: si tratta di un passo che moralizza il costume socioeconomico di questo Paese e che può dare anche slancio e maggiore fiducia agli imprenditori che intendono investire.  

 

Si poteva fare prima e si poteva fare meglio?  

 

Naturalmente non sono solo luci, ci sono anche ombre. Alla norma si è arrivati attraverso un lungo processo, talvolta troppo farraginoso. E anche l’accoglienza in certi settori non è stata molto entusiastica: basti pensare che c’è stato, e forse c’è ancora, chi ha sostenuto che i mangimi non rientrerebbero tra le categorie contemplate dalla legge. Ecco, alla luce di argomentazioni come questa, l’urgenza di tale norma e una sua rapida e uniforme applicazione si rendono ancora più necessarie.  Questo è solo un punto di partenza, siamo chiamati ancora ad un grande impegno, perché credo che ci sarà bisogno di almeno 3-4 mesi per andare a regime. Ma ripeto: la norma è un elemento di moralizzazione dei rapporti economici tra operatori per la quale si è aspettato anche troppo tempo.  

Ora si deve fare attenzione che non vi siano “colpi di mano”.  Il tempo della crisi, invece, non è ancora passato. Il settore mangimistico l’ha vissuto più da vicino sui mercati dei prezzi delle materie prime. Vede una via di uscita?  Gli ultimi indicatori registrano alti e bassi e i timidi raffreddamenti dei prezzi, registrati in qualche caso, non debbono creare false aspettative. Le principali materie prime sono ancora sotto tensione e non è possibile riconoscere quanto queste tendenze siano frutto di sane leggi di mercato e quanto di speculazione. E sappiamo quanto tutto questo abbia pesato sul fronte del settore agroalimentare e zootecnico. Il costo alimentare giornaliero è aumentato, con ripercussioni evidenti su tutta la filiera. Abbiamo cercato di agire con responsabilità in un momento difficile, cercando di “ammortizzare”, per quanto possibile, gli effetti sui nostri clienti, anche a scapito di ritorni meno soddisfacenti. Abbiamo subìto l’”effetto fisarmonica”, che cercando di attenuare la tendenza rialzista ne ha scaricato le fibrillazioni sugli anelli deboli della catena. Adesso, però, l’effetto sta arrivando anche sui consumatori e questo dovrebbe far riflettere sull’urgenza di alcune misure non più procastinabili.  


Per esempio?

 

Siamo un Paese sostanzialmente deficitario di materie prime, cereali e farine proteiche in testa,  ed occorre garantire alla trasformazione la possibilità di importare senza ostacoli economici, i dazi, o tecnici – sono infatti molte le varietà di mais e soia coltivate nel mondo il cui impiego non è autorizzato nell’unione Europea – per rendere più facile l’approvvigionamento per l’uso mangimistico di cereali foraggeri, quali mais, grano tenero ed orzo, ma anche di altri cereali minori, come ad esempio il sorgo.

Sempre in tema di mais è cruciale definirne la sua disponibilità nei tempi a venire. La produzione di mais in Italia si è ridotta significativamente già da tempo e quest’anno, a causa di condizioni climatiche eccezionali, è ulteriormente diminuita.  Vale ancora l’equazione che un’agrozootecnia debole equivale a un Paese debole nel suo complesso?  Credo che per rispondere a questa domanda non dobbiamo mai dimenticare il ruolo che l’agroindustria ha avuto nel nostro Paese, della capacità che ha dato all’intero sistema di uscire dagli anni del dopoguerra, segnati dalla fame e dalla povertà, non solo creando ricchezza, ma permettendo una evoluzione di tutti gli indicatori del benessere legati alla persona: statura, aspettativa di vita, benessere generale. Si è trattato di un salto in avanti straordinario, che ha fatto guardare tutto il mondo al “miracolo italiano” come un fenomeno senza uguali, ma anche una modificazione profonda nella qualità della vita degli italiani che d’un tratto si sono trovati una disponibilità alimentare senza precedenti e un menu che non confinava più la carne a pasto della Domenica. L’agrozootecnia ha avuto il merito di aver soddisfatto un benessere crescente, che ha stimolato la domanda, facendo crescere industria e occupazione. Abbiamo potuto disporre di più latte con cui nutrire i nostri figli, più uova, carne e pesce per dare a tutti più elementi nutritivi. Un benessere alimentare che ha contribuito in modo determinante a farci diventare uno dei Paesi con la popolazione più longeva al mondo.    


Oggi, semmai, il problema è contrario: i modelli alimentari proposti da Oltreoceano sono un pericolo per noi?  Credo che in questo l’Europa, e in particolare l’Europa del Sud, l’Europa Mediterranea rappresenti un baluardo d’equilibrio, di sana alimentazione difficilmente espugnabile. La nostra cultura alimentare è immune dagli eccessi tipici di altri Paesi, a cominciare dagli Stati Uniti, ma frequenti anche nel Nord Europa. Abbiamo uno stile alimentare invidiabile e un’impostazione salutista dei nostri regimi dietetici rinomata in tutto il mondo, tanto da farne elemento centrale dell’Expo 2015.    

 

L’Expo e il futuro del sistema, appunto. Si sente l’esigenza di una scossa, di nuove leve o di un sistema immunitario più forte di fronte alle sfide?  

 

Stiamo sicuramente attraversando un momento di difficoltà su molti fronti e penso che per recuperare il gap che abbiamo accumulato ci sarà bisogno di tempo e di uno sforzo straordinario di tutto il sistema economico. Noi, da par nostro, ci siamo concentrati sui tre fronti: innovazione, responsabilità e sicurezza alimentare, il ruolo dei giovani imprenditori. Abbiamo orientato delle scelte organizzative, abbiamo individuato le aree da presidiare con comitati ad hoc e stiamo guardando all’Expo da cui arrivano segnali di corrispondenza positiva con le attese della filiera.

Cosimo colasanto