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«Accesso all’innovazione e alla conoscenza condizioni imprescindibili per competere nel mercato globale»

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Intervista a Paolo De Castro, Presidente Commissione Agricoltura e Sviluppo Rurale del Parlamento Europeo.

 

Spesso si ha l’impressione che, nel contesto produttivo, l’agricoltura sia considerata una sorella minore. Si tratta, secondo lei, di un pregiudizio che può essere sradicato?

I modelli di sviluppo della società moderna sono stati messi in forte discussione dalle tendenze che hanno segnato lo scenario economico mondiale negli ultimi anni. Cibo, acqua ed energia rischiano di diventare risorse sempre più scarse man mano che la pressione dei consumi cresce insieme alla popolazione e alla ricchezza generata sul pianeta. Per scongiurare tali rischi l’agricoltura rappresenta senza dubbio una delle chiavi di successo nel momento in cui riesce a fornire risposte a tali sfide e cambiamenti. Ecco perché sono dell’opinione che, se si guarda all’agricoltura attraverso una visione globale, non sia corretto considerarla una «sorella minore» nel contesto produttivo. A ciò dobbiamo aggiungere che l’agricoltura rappresenta un settore centrale dell’economia dei territori dell’Unione Europea, che fornisce un importante contributo in termini di PIL e di posti di lavoro diretti e indiretti grazie all’effetto moltiplicatore sul mercato dell’industria alimentare. Le circa 14 milioni d’aziende agricole presenti nell’UE gestiscono il 45% della superficie complessiva, con quasi 30 milioni di persone che lavorano su di essa. Continuare a garantire la preziosa funzione di “land management” svolta dagli agricoltori ed ampliarne il valore rappresenta un contributo di vitale importanza per il futuro dei territori europei.  

 

Parlando di agricoltura ci si dimentica troppo spesso della sua funzione primaria: assicurare l’approvvigionamento alimentare. Quali sono le sfide che attendono il comparto per contenere i rischi legati, ad esempio, alla produzione di biocombustibili?

L’agricoltura di oggi deve essere collocata all’interno di un contesto inedito che pone il potenziale produttivo di fronte alla necessità di raccogliere due tra le più importanti sfide che abbiamo di fronte: quella della food security e quella del ruolo ambientale e sociale. Di recente, infatti, l’agricoltura è tornata importante nella sua missione primaria, ovvero la produzione di cibo. La crescita demografica, la variazione delle diete nei Paesi emergenti – che implica un maggiore consumo di prodotti ad alto valore aggiunto e impatto ambientale – e il trend crescente dei prezzi sono tutti fattori che pongono un grosso problema a livello globale: la domanda alimentare cresce più dell’offerta. Incrementare la produttività con minori risorse e inquinando meno: questa è la sfida che il settore primario europeo avrà di fronte nei prossimi anni. Senza dimenticare l’incertezza dei mercati e la diffusa volatilità dei prezzi che sono destinati in futuro a caratterizzare le dinamiche di sviluppo competitivo.

 

In che modo la produzione agricola può guardare al progresso scientifico e alla ricerca, come nel caso delle biotecnologie e degli ogm, come a una risorsa?

Per affrontare la sfida della sicurezza alimentare, il progresso tecnologico e il suo trasferimento continuano a rappresentare uno dei principali, se non il principale strumento. Ricerca, sviluppo e trasferimento dell’innovazione possono rappresentare non solo nel lungo, ma anche nel breve periodo, fattori determinanti per migliorare la capacità produttiva, senza minacciare la sostenibilità ambientale. Nel prossimo futuro, per il sistema agroalimentare europeo l’accesso diffuso all’innovazione e alla conoscenza saranno condizioni imprescindibili per competere nel mercato globale. Un obiettivo da perseguire con grande determinazione, poiché si tratta di ambiti realizzabili solo in presenza di una adeguata forza strutturale e organizzativa. E in questa prospettiva il ruolo dell’intervento pubblico diventerà sempre più fondamentale.

 

In questi mesi si sta discutendo il rinnovo della Pac, la Politica agricola comune. Quali sono gli indirizzi che dovrebbero essere incentivati per permettere lo sviluppo dell’agricoltura italiana?

Con la presentazione delle proposte legislative della Commissione esecutiva il processo di ridefinizione della politica agricola comune è entrato definitivamente nel vivo. Oltre 600 pagine che impegneranno i lavori del Parlamento Europeo dei prossimi mesi e che, da una prima valutazione, sembrano essere poco adeguate e ancora lontane dalle grandi sfide che gli agricoltori stanno affrontando. In tale contesto le modifiche che saranno introdotte attraverso il processo di codecisione che vede Parlamento e Consiglio UE, per la prima volta nella storia della riforma della Pac, sullo stesso livello legislativo, dovranno essere rispondenti alle istanze dell’agricoltura europea e, nello specifico, di quella italiana. Più flessibilità per fronteggiare le emergenze di mercato, meno carico burocratico per gli operatori, una Pac più snella e semplice, maggiori garanzie per la sostenibilità ambientale a patto che sia garantita la sostenibilità economica delle nostre aziende. Sono questi i principali indirizzi che dovranno essere incentivati nella politica agricola del futuro.        


Da tempo ormai l’agricoltura è associata all’idea di assistenzialismo: tre idee chiave per riportare la spinta imprenditoriale al centro del programma agro-alimentare.   


Qualità, organizzazione e internazionalizzazione. Sono queste, a mio avviso, le tre principali leve competitive per riportare l’agricoltura italiana al centro di un progetto di sviluppo. La nostra è un’agricoltura unica al mondo per caratteristiche qualitative e distintive. Un vantaggio competitivo enorme che, però, deve essere trasformato in reddito per essere sfruttato. Ciò può accadere attraverso investimenti che puntino alla riduzione di uno dei limiti storici del sistema agricolo italiano, ovvero la sua debolezza strutturale e organizzativa. Una maggiore organizzazione della base produttiva potrà contribuire a raccogliere un’altra importante sfida rappresentata dall’internazionalizzazione. Perché, oltre la crisi, c’è comunque una domanda globale in continua crescita e l’export per le imprese italiane del settore diventa sempre più un’opzione da perseguire con determinazione.

 

Foto: Pixabay

Luca Borghi